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PELLEGRINI ALLA SCOPERTA DELLE CATACOMBE DELL’APPIA

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view post Posted on 5/3/2017, 10:52     +1   +1
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PELLEGRINI ALLA SCOPERTA DELLE CATACOMBE DELL’APPIA

di Marcello Zalonis

Come ai giorni nostri numerose comitive di pellegrini invadevano la città di Roma.

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Anche se quella benevola invasione proveniva da tutte le direzioni, dalle province al Nord e al Sud di Roma ed anche dai paesi stranieri e lontani.

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Quella più numerosa proveniva dalla via Appia e si dirigeva verso la Basilica di San Pietro, luogo di raccolta per eccellenza di tutti i cristiani prima di fare il famoso giro delle Sette Chiese. Molte notizie ci sono giunte grazie al libro del 1.140, il Mirabilia urbis Romae, libro che è stato ristampato e migliorato nei secoli seguenti.

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Le edizioni più fedeli sono quelle medioevali, addirittura certe edizioni sono state anche tradotte in varie lingue formando cosi una Guida di Roma antica. I viaggi dei pellegrini erano organizzati dalle congregazioni o dalle varie diocesi cristiane dell’epoca, solo i nobili e benestanti si permettevano di viaggiare da soli o con i loro famigliari per l’alto costo dei viaggi dell’epoca.

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Il pellegrino tipico del medioevo sfoggiava un abbigliamento che era facilmente riconoscibile da tutti: l’attributo più vistoso era il “bordone”, il famoso bastone ricurvo del pellegrino al quale era appeso il fiasco dell’acqua.

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In testa portava il cappello di feltro a larghe falde spioventi, legato sotto il mento da un cordone, che riparava la testa dalla pioggia e dal vento. Quando il tempo era bello quel cordone manteneva il cappello sospeso sulle spalle. Le gambe erano fasciate e i calzari di cuoio, e di cuoio era anche la robusta cintura che portava attaccata una conchiglia di mare che usava come tazza per bere alle fontanelle che incontrava durante il suo viaggio. Sulla spalle portava un mantello, spesso malandato, di colore grigio che sopportava bene la polvere e che come una divisa faceva riconoscere da tutti il suo stato di pellegrino.

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Spesso durante il suo viaggio verso Roma il pellegrino incontrava vari compagni di viaggio tra i quali molto stranieri, che con le loro chiacchiere abbreviavano la noia del lungo viaggio. Per lunghi anni la lingua internazionalmente conosciuta era il latino con la quale i popoli comunicavano tra di loro. Il Mirabilia non era solo una guida ai vari monumenti di Roma, ma anche un libro di leggende e di tradizioni popolari che si tramandavano da secolo a secolo. Molto spesso i poveri pellegrini erano rapinati di quel poco che possedevano, da banditi senza scrupoli e miscredenti. Certe leggende narrate nel libro avevano un’origine orientale come quelle riportate dallo scienziato arabo Edrisi che lodava la munificenza di Roma dichiarando addirittura che il fondo del Tevere fosse rivestito di lastre di rame come lo era anche il canale che collegava il fiume all’antico porto di Ripa. Anche se le descrizioni dei monumenti e cimiteri erano perlopiù esatte non si poteva affermare che tutte le altre informazioni fossero veritiere.

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Dopo essersi lavato nella grande vasca che fronteggiava la basilica di S. Pietro, il pellegrino visitava la chiesa e in seguito al rito liturgico si aggregava ad un gruppo di altri pellegrini accompagnati dalle numerose guide per fare il classico giro delle Sette chiese, iniziando dalla Basilica più importante di Roma quella di S. Paolo e proseguendo verso il Sud-Est, verso gli altri santuari dell’epoca, senza tralasciare le numerose catacombe della via Appia e le altre vie limitrofe, luoghi di pellegrinaggi per eccellenza. Come i turisti dei giorni nostri anche i pellegrini avevano la brutta abitudine d’incidere i lori nomi e la data della loro visita sulle pareti dei luoghi sacri. Anche se quella usanza poteva essere scambiata per un ex-voto, deturpava ugualmente i luoghi sacri. Eppure grazie a molti dei quei messaggi del passato i ricercatori dei nostri giorni sono riusciti a ricostruire le storie dei firmatari e i luoghi della loro provenienza. Dobbiamo riconoscere che molti dei luoghi sacri cristiani sono di pura provenienza pagana, come i numerosi templi tramutati in luoghi di culto cristiano e vasti cimiteri adoperati nello stesso tempo dalle comunità pagane e cristiane fino all’esaurimento delle credenze pagane soppiantate dai riti cristiani.

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Numerose stampe ed incisioni pervenute dai tempi lontani ci danno una precisa visione degli usi e costumi dei pellegrini che per vari secoli sono stati attratti dalla Roma cristiana. Ma la più grande invasione di pellegrini succedeva durante i famosi giubilei indotti dal papa, era l’occasione giusta per purificarsi di una vita peccaminosa approfittando anche dalle numerose indulgenze della chiesa. Spesso quegli anni santi erano l’occasione per il popolo romano per organizzare delle feste di tipo carnevalesco con l’apporto di giocolieri di origine zingara, dei mercati per la vendita di oggetti del culto ed addirittura di reliquie di dubbia provenienza. A tutto ciò si aggiungevano le numerose osterie che dispensavano vino e cibi per il ristoro dei numerosi pellegrini. Tali comportamenti davano spesso fastidio alla chiesa ed al papa, ma facevano parte delle antiche tradizioni dei tempi pagani al punto che il popolo non riusciva a farne a meno.

Per i pellegrini provenienti dal sud era strada quasi obbligata l'Appia con i suoi luoghi sacri di cui abbiamo gia' trattato

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Autore:

Marcello Zalonis


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Edited by ONIDINO - 5/3/2017, 11:09
 
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