Quest'oggi in cucina è venuto a trovarmi il mio caro spirito gourmand.
Spesso e non solo quando sono ai fornelli, sento la sua presenza accanto, in questo caso come a controllare che non faccia qualche cazzata con le mie spezie, o stravolga una severa procedura di cottura in modo frettoloso o peggio mi cimenti in un condimento sbagliato.
Dunque con calma ho aperto il frigorifero, bello perdere tempo in cucina, la flanella della domenica serve anche a questo, allora ho aperto pure due birre Sour Ale, una per lui e una per me come da tradizione.
La radio intanto suonava placida della musica in falsetto, un sottofondo di transistor d'altri tempi, dal frigidaire tiro fuori del tacchino.
Trovo la carne di tacchino abbastanza insulsa, questo pennuto del nuovo mondo non fa per me, meglio il polletto ruspante di cui da infante sempre rubavo di nascosto una coscia, con il braccio furtivo la sottraevo da sotto il tavolo a casa della nonna nei pranzi della domenica, ma questi polli ahimè non esistono più, ne le tavole apparecchiate sotto cui nascondersi in quelle giornate.
Vabbè mio caro tacchino, vediamo come aggiustarti, niente ricette, andiamo a improvvisazione con il materiale disponibile.
Inizio a sfilettare la sua carne in tranci lunghi e affusolati e li pongo massaggiandoli in una boule, incorporando due "fische" d'aglio tagliati in quattro e private del loro germe, granella di nocciola e polvere del mio intruglio di erbe fini, questi odori li mulino al mortaio in pietra, sono costituiti di rosmarino, alloro, salvia e bacche di ginepro di montagna, battuti molto fini, conservo il preparato in un piccolo barattolo, mai farne troppo e rinnovo la miscela due volte al mese per mantenere gli aromi resinosi e sempre profumati.
Nel mentre metto ad ammollare l'uva sultanina in poca acqua tiepida, in un'altra boule preparo le castagne preventivamente arrostite e ammorbidite unendole ai pinoli.
Allo sfrigolare dell'olio d'oliva in padella adagio i filetti e abbasso la temperatura, non sopporto le cucine a piastra ceramica, sono incontrollabili e poi distruggono le mie belle padelle in alluminio, sorrido, sarò sempre dalla parte della fiamma purificatrice, ma questo passa il convento dove mi trovo, ho dovuto affinare una tecnica sposta e regola come si fa sulla piastra della stufa a legna ma con molto meno spazio a disposizione.
La carne arrostisce con lenta e inesorabile calma al profumo di nocciola tostata, aglio e resina mediterranea
scolo l'uvetta, ancora "un'arsentà" con acqua fresca, riscolo e la unisco alle castagne e i pinoli, verso questi ultimi tre ingredienti in padella non prima di aver sfumato leggermente i filetti, per ora tutto è cotto nel dolce, dalla temperatura alla sapidità, importante, la salatura dovrà essere effettuata solo al momento dello scodellamento nel piatto di portata.
Ed ecco una produzione di ancestrali sapori e profumi, che arrivano da... Non saprei dire esattamente dove, se da oscuri meandri di pensiero o ricordi dimenticati, ma vi assicuro che al gusto così piacevolmente appetitoso, evocano quella soddisfazione malandrina d'infantile memoria che rendeva sempre dispari il numero di cosce di pollo arrostito servite in tavola la domenica.
La birra è evaporata, stappo una bottiglia di Saint-Emilion Gran Cru 2018 e servo in due bicchieri, - cin amico mio, cin Gab risponde lui.