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2 gennaio 1839 Prima foto della luna scattata da Louis Daguerre.

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GURKHA

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Prima foto della luna scattata da Louis Daguerre. 2 gennaio 1839

Il 2 gennaio 1939, cinque giorni prima dell’annuncio ufficiale del suo procedimento “fotografico” (il successivo sette gennaio), Louis Jacques Mandé Daguerre (1787-1851) realizzò la prima fotografia della Luna. Ovviamente, in forma di dagherrotipo.

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Louis Jacques Mandé Daguerre – Dagherrotipo della Luna (1839).

Era un mercoledì. Mancava meno di una settimana dall’annuncio (programmato), con il quale l’accademico François Jean Dominique Arago (matematico, fisico e astronomo, ma soprattutto influente uomo politico della Francia del primo Ottocento) avrebbe ufficializzato la sua invenzione, lunedì 7 gennaio 1839, all’Acadèmie des Sciences, di Parigi.

Il cinquantaduenne Louis Jacques Mandé Daguerre puntò il proprio apparato verso la Luna, realizzando così la prima immagine “fotografica” del satellite naturale della Terra.

Purtroppo, si sono perse le tracce di questo dagherrotipo originario, del quale si conoscono solo vaghe riproduzioni bianconero (che qui, comunque, proponiamo). Così, la scienza è altrimenti orientata e indirizzata: conteggia come prima fotografia scattata alla Luna, sempre in forma di dagherrotipo, quella di John William Draper (1811-1882), professore di chimica, del 1840, ritrovata in una libreria di New York, alla fine degli anni Ottanta del Novecento.

Louis Daguerre

Louis-Jacques-Mandé Daguerre (Cormeilles-en-Parisis, 18 novembre 1787 – Bry-sur-Marne, 10 luglio 1851) è stato un artista, chimico e fisico francese, riconosciuto universalmente come l'inventore del processo fotografico chiamato dagherrotipo.

Louis_Daguerre

Aveva trascorso l'infanzia presso Orléans dove il padre era impiegato nella tenuta reale. Iniziò a lavorare agli allestimenti dell'Opéra de Paris, facendosi così una notevole esperienza nel campo del disegno e della scenografia.

Fu allievo di Pierre Prévost, il primo pittore francese di panorami. Pittore e scenografo teatrale sarà lui a inventare l'utilizzo a teatro del diorama, una sorta di fondale dipinto con l'aiuto della camera oscura, su cui venivano proiettate luci e colori di intensità diversa in modo da creare effetti molto particolari. In questa attività si avvale della fondamentale collaborazione del pittore Hippolyte Sebron, al quale però nega qualsiasi riconoscimento attribuendo a sé ogni dipinto.

Dal 1824 inizia a fare esperimenti per riuscire a fissare l'immagine ottenuta attraverso la camera oscura. Inizia una corrispondenza con Joseph Niépce, e sei anni dopo la morte di quest'ultimo, Daguerre riuscirà a mettere a punto la tecnica che prenderà il suo nome, la dagherrotipia. Questa sarà resa pubblica nel 1839 dallo scienziato François Arago in due distinte sedute pubbliche presso l'Académie des Sciences e dell'Académie des beaux-arts.

L'invenzione, resa di pubblico dominio, frutterà all'autore, e al figlio di Niépce, una pensione vitalizia, donatagli dal Governo in cambio della libera circolazione dei dettagli del processo.

Louis Daguerre morì il 10 luglio 1851 a causa di un attacco cardiaco, a Bry-sur-Marne, a 12 chilometri da Parigi. Sulla sua tomba è stato costruito un monumento in suo onore.

Il suo nome è stato inciso sulla facciata La Bourdonnais della Torre Eiffel.

Dagherrotipia

La dagherrotipia fu il primo procedimento fotografico per lo sviluppo di immagini (tuttavia non riproducibili). Messo a punto dal francese Louis Jacques Mandé Daguerre da un'idea di Joseph Nicéphore Niépce e del figlio di questi, Isidore, venne presentato al pubblico nel 1839 dallo scienziato François Arago, presso l'Académie des Sciences e dell'Académie des Beaux Arts.

Il dagherrotipo si ottiene utilizzando una lastra di rame su cui è stato applicato elettroliticamente uno strato d'argento, quest'ultimo viene sensibilizzato alla luce con vapori di iodio. La lastra deve quindi essere esposta entro un'ora e per un periodo variabile tra i 10 e i 15 minuti.

Lo sviluppo avviene mediante vapori di mercurio a circa 60 °C, che rendono biancastre le zone precedentemente esposte alla luce. Il fissaggio conclusivo si ottiene con una soluzione di tiosolfato di sodio, che elimina gli ultimi residui di ioduro d'argento.

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L'Atelier dell'artista: un daguerréotype del 1837 realizzato dall'inventore di questo procedimento fotografico, Louis Jacques Mandé Daguerre

L'immagine ottenuta, il dagherrotipo, non è riproducibile e deve essere osservata sotto un angolo particolare per riflettere la luce in modo opportuno. Inoltre, a causa del rapido annerimento dell'argento e della fragilità della lastra, il dagherrotipo veniva racchiuso sotto vetro, all'interno di un cofanetto impreziosito da eleganti intarsi in ottone, pelle e velluto, volti anche a sottolineare il valore dell'oggetto e del soggetto raffigurato.

Per ridurre i tempi di sviluppo ed estendere così il campo d'applicazione della dagherrotipia anche al giornalismo, John Frederick Goddard utilizzò i vapori di bromo per aumentare la sensibilità della lastra, risultato che ottenne anche Jean Francois Antoine Claudet ma con i vapori di cloro. Comunque anche l'unione di queste due tecniche e di obiettivi più luminosi non permise un'esposizione inferiore ai dieci secondi. L'utilizzo di vapori di mercurio rende la produzione di dagherrotipi un procedimento pericoloso per la salute.

Procedimento originale del 1840

Di seguito, un estratto dal fascicolo Il Daguerrotipo, edizione del 1840, sul procedimento per la realizzazione di un dagherrotipo.

Questo processo si divide in cinque operazioni.

La prima consiste nel nettare e pulimentare la lamina e renderla propria a ricevere lo strato sensibile.

La seconda, nell'applicazione di questo strato.

La terza, a sottomettere nella camera oscura la lamina preparata a ricevere l'azione della luce affine di ricevervi l'immagine della natura.

La quarta, nel fare apparire questa immagine che non è visibile al suo uscire dalla camera oscura.

La quinta finalmente ha per iscopo di togliere lo strato sensibile che continuerebbe ad essere modificato dalla luce e tenderebbe necessariamente a distruggere interamente la prova.


Strumenti

La fotocamera per la dagherrotipia era composta da una scatola di legno, una fessura per la lastra di rame sul retro e frontalmente un obiettivo fisso, in vetro e ottone. Quest'ultimo era inizialmente costruito sullo schema dell'ottico francese Charles Chevalier, possedeva una luminosità compresa tra f/11 e f/16 e la lunghezza focale era di 360mm. Nel 1840 Josef Petzval introdusse un nuovo obiettivo a quattro lenti e di elevata luminosità (f/3.7), che permise l'abbattimento dei tempi di esposizione. A seguito dell'estremo interesse suscitato dalla nuova tecnica, Daguerre, Niépce e A. Giroux fondarono una società per la produzione della strumentazione necessaria ad ottenere i dagherrotipi.

Le immagini si formavano sulla lastra come riflesse, caratteristica che richiese l'adozione di alcuni accorgimenti per la composizione del dagherrotipo, come la sistemazione degli oggetti a destra per farli apparire a sinistra, oppure non includere del testo, per evitarne il capovolgimento. Nel 1840 Alexandre S. Wolcott inserì uno specchio concavo in fondo alla camera oscura, che riflettendo per la seconda volta l'immagine, ne restituisce il corretto posizionamento. Claudet contribuì alla soluzione con un prisma raddrizzatore dopo l'obiettivo.

In Italia il primo esemplare della fotocamera di Daguerre raggiunse il laboratorio ottico di Alessandro Duroni poco dopo la presentazione di Arago. Con il nuovo strumento furono prese alcune vedute della città di Milano.

L'8 ottobre 1839 a Torino, Enrico Federico Jest, insieme con il figlio Carlo Alessandro e con Antonio Rasetti, produsse dei dagherrotipi utilizzando una macchina autoprodotta, il primo apparecchio fotografico italiano. Grazie alla traduzione del manuale di Daguerre ad opera dello stesso Jest, nel 1840, si formano numerosi altri studi per la produzione di strumenti per la dagherrotipia.

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Famoso dagherrotipo di Edgar Allan Poe del 1848

Storia

La dagherrotipia ottenne un notevole e rapido successo, permettendo di riprodurre fedelmente l'ambiente circostante. All'inizio erano predominanti i paesaggi e le nature morte, principalmente a causa dei lunghi tempi di esposizione necessari. Con l'affinarsi del procedimento e della realizzazione di obiettivi luminosi crebbero i ritratti e qualche timido tentativo di fotogiornalismo.

Il primo esperimento di dagherrotipia in Italia fu tenuto il 2 settembre 1839 a Firenze con attrezzatura prodotta da Giroux, ma la tecnica ebbe immediata diffusione anche in città di media grandezza: ad esempio, già nel 1846 a Forlì era famoso il dagherrotipista Achille Manuzzi, come risulta da un discorso di Aurelio Saffi.

In Spagna approdò il 10 novembre 1839, a Barcellona.

In America la dagherrotipia, importata già nel 1839 da Samuel Morse e Francois Gourard, allievo di Daguerre, ottenne un vasto successo. Fu utilizzata per ritrarre i membri del Congresso e i territori di confine con il Canada, per mano di Edward Anthony e cinque dagherrotipi fecero conoscere le cascate del Niagara al mondo.

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Dagherrotipo di Arthur Wellesley, I duca di Wellington del 1844

All'Esposizione universale di Londra la qualità dei dagherrotipi americani fecero guadagnare agli Stati Uniti tre medaglie su cinque.

Nel 1850 uscì a New York il primo numero del The Daguerreian journal devoted to the Daguerreian an photographic art, giornale di fotografia.

Dal 1855, con l'introduzione delle nuove tecniche al collodio umido e all'albumina, la dagherrotipia perse interesse, anche se utilizzata sino a fine secolo.

Fonti:

http://www.fotographiaonline.com/daguerre-...ella-luna-1839/

https://it.wikipedia.org/wiki/Louis_Daguerre

https://it.wikipedia.org/wiki/Dagherrotipia
 
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cristiano

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Quì si è fatto la storia :D
 
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GURKHA

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Certo che questi pionieri della fotografia.....mesa' che morivano presto

CITAZIONE
Il dagherrotipo si ottiene utilizzando una lastra di rame su cui è stato applicato elettroliticamente uno strato d'argento, quest'ultimo viene sensibilizzato alla luce con vapori di iodio. La lastra deve quindi essere esposta entro un'ora e per un periodo variabile tra i 10 e i 15 minuti.

Lo sviluppo avviene mediante vapori di mercurio a circa 60 °C, che rendono biancastre le zone precedentemente esposte alla luce. Il fissaggio conclusivo si ottiene con una soluzione di tiosolfato di sodio, che elimina gli ultimi residui di ioduro d'argento.

Comunque ho scoperto che il tiosolfato di sodio:

È usato come antidoto in caso di avvelenamento da cianuro e, in fotografia, come fissaggio. Esso infatti rende solubili gli alogenuri d'argento (quelli usati in fotografia sono: AgBr, AgI e AgCl).


Fonti:

https://it.wikipedia.org/wiki/Tiosolfato_di_sodio
 
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GURKHA

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