| Ciao Sturmtruppen, la tua riflessione è assolutamente lecita e, anzi, credo che moltissimi tra di noi, che abbiano almeno qualche anno sulle spalle di attività di questo meraviglioso hobby, si siano posti le tue stesse domande e abbiano fantasticato sulle stesse tue proposte. Mi pare anche di ricordare che anni fa qualcuno si attivò per raccogliere i ritrovamenti napoleonici dei vari ricercatori per riunirli in una unica sede espositiva aperta a tutti.. Naturalmente il progetto naufragò quasi subito, e non solo per mancanza di generosità da parte dei detectoristi. Il cuore del problema risiede infatti nell'ostracismo legislativo di cui è vittima la nostra categoria. Anche quando la ricerca amatoriale con il metal detector non viene totalmente vietata, o ritenuta tale, la tendenza istituzionale è comunque quella di non riconoscerne alcuna legalità o potenzialità. Al contrario di quanto avviene in altri paesi, nei musei italiani non vi è alcun riconoscimento formale ai ritrovamenti e alle consegne o donazioni dei detectoristi. Così come non vi è sostanzialmente alcuna forma di collaborazione strutturata tra le istituzioni e la nostra categoria. Naturalmente vi sono molte e stratificate motivazioni per spiegare questo stato di cose. Le conosciamo, ne abbiamo discusso innumerevoli volte, e credo quindi sia inutile tornarci qui ora. Tornando invece alla tua proposta, bisogna quindi dire che una qualche forma di sistemazione pubblica dei nostri ritrovamenti significherebbe, agli occhi delle istituzioni, un riconoscimento (ed anche una sorta di pubblicizzazione) della ricerca con il metal detector. E questo, come abbiamo visto, non è decisamente all'ordine del giorno. Mi si dirà: ma ci sono già moltissime mostre o raccolte aperte al pubblico, se non addirittura musei, che espongono senza problemi oggetti religiosi, strumenti agricoli, oggetti della vita quotidiana, testimonianze degli eventi bellici che hanno coinvolto il nostro paese negli ultimi 100-200 anni. Perché non posso raccogliere e mostrare liberamente, ad esempio, una raccolta di innocui e comunissimi ferri per buoi che ho raccolto in anni di passeggiate con il metal? Perché, proprio per il fatto di averli trovati nel sottosuolo con un metal detector può trasformare quei poveri ferri in preziose testimonianze etno-antropologiche da salvaguardare! Poco importa se ne puoi trovare a migliaia curiosando in qualsiasi cascina o negli innumerevoli mercatino dell'usato della domenica, se non hanno nessun valore storico significativo, se risalgono magari a cinquanta o sessanta anni fa e quindi sono più giovani dello scopritore stesso... Tutto questo non importa. Ed anzi, in un paese in cui si inciampa in un rudere antico ogni due passi e dove i magazzini dei musei traboccano di reperti ammucchiati e mai esposti, di quei poveri ferri per buoi di cui parlavamo prima, non interessa proprio a nessuno! Guardate che considerazioni hanno in questo paese le raccolte etno-antropologiche. Guardate la desolazione delle ricerche e delle pubblicazioni sulla storia materiale e quotidiana dei secoli a noi più vicini, soprattutto se messe a confronto con quanto avviene in altri paesi. Guardate anche, ed è indubbiamente un problema reale, le condizioni economiche in cui versano le sovrintendenze e i fondi per la ricerca archeologica in Italia. No, dei nostri ferri per buoi non importa a nessuno. Se non ci fossero, se rimanessero a marcire nel terreno fino alla loro totale dissoluzione sarebbe anzi meglio. Il problema non sono i ferri, i bottoni, i bossoli, le devozionali che troviamo. Il problema è che non è assolutamente ammissibile alcun riconoscimento in positivo del nostro hobby. Con l'unica e meritevole eccezione dell'ambito della prima guerra mondiale. Pertanto pensiamo bene alla proposta di Sturmtruppen. Non intendo assolutamente svilire il suo intervento che anzi condivido come aspirazione di fondo. Ma credo sia bene aver chiaro il quadro generale in cui ci muoviamo.
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