METAL DETECTOR HOBBY

Non so se vi piace l’Opera ma...

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view post Posted on 24/4/2020, 19:46     +4   +1   +1
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Un libro da Melomani... Disastri in palcoscenico

Da https://ricerca.repubblica.it/repubblica/a...-all-opera.html

IL BUFFO E' ALL' OPERA
Che siano il velenoso frutto del neosadismo o l' inequivocabile spia della volgarità di ritorno, i fischi a Pavarotti nel Don Carlo scaligero restano poca cosa: se paragonati, almeno, a quel che toccò in sorte ad una sventurata Tosca newyorchese di trent' anni fa, rea di scarso feeling con le maestranze del City Center. Le quali, con raffinata crudeltà, sostituirono con un trampolino il materasso su cui l' imponente soprano doveva atterrare dopo il finto balzo dagli spalti di Castel Sant' Angelo: quindici volte la poveretta rimbalzò davanti al pubblico in delirio, prima che il sipario, pietosamente, ne celasse capitomboli e crisi isterica. Non molto meglio andò a Lauritz Melchior, il grande tenore wagneriano, che durante un Lohengrin negli anni Trenta al Metropolitan, si vide sfuggir via il Cigno-navicella da sotto il piede, e dovette salvare la situazione degradando il sacro volatile al rango di 47 barrato. Declamando, cioè, "Wenn geht der nachste Schwann?", Quando passa il prossimo cigno? Pissi pissi da foyer? Anche, ma soprattutto occasione di diletto melomane per mano dell' inglese Hugh Vickers, che ha raccolto, catalogato, riscritto, abbellito e anche inventato (secondo il dichiarato principio per cui "se non è vero è ben trovato") una cospicua serie di sciagure operistiche dalla fine del secolo scorso agli anni Settanta. In Gran Bretagna il suo libriccino, Great Operatic Disasters, è divenuto oggetto di culto per iniziati: pubblicato nel 1979 da Macmillan con le illustrazioni di Michael Folkes, ha il posto d' onore nelle librerie specializzate e nei punti vendita in prossimità dei teatri, ha conosciuto una quindicina di ristampe e obbligato l' autore ad un bis, Even Greater Operatic Disasters. Inspiegabilmente non tradotto, fin qui, in italiano, viene ora annunciato, col titolo di Disastri all' opera e il prezzo di copertina fissato a L. 16.000, da Flavio Pagano, l' editore napoletano che un anno fa si era aggiudicato l' autobiografia di Arthur Rubinstein, e che ora, stando alle indiscrezioni, si troverebbe in acque, se non disastrose, certamente non felicissime. Cacciata da una folla inferocita I disastri elencati da Vickers, però, non sono di natura finanziaria e neppure artistica: niente stecche e niente scivoloni vocali, dunque, ma sciagure squisitamente tecniche, o, al più, di ispirazione divina nel caso di cataclismi naturali. Puntualmente verificatisi, per esempio, non appena qualcosa di inglese metteva piede a Napoli: si trattasse di una cantante come il celebre soprano Mrs. Billington, o della messa in scena di Tess, l' opera di Frédéric d' Erlanger basata sul romanzo di Thomas Hardy, il Vesuvio reagiva con lava e lapilli. E se il povero d' Erlanger si vide fuggire davanti agli occhi il poco e terrorizzato pubblico presente alla prima, Mrs. Billington venne addirittura cacciata dal palcoscenico da una folla imbizzarrita che attribuiva le furie del vulcano alla presenza in scena di una "protestante eretica". Nessun collegamento con divini corrucci, invece, per il terremoto che in una Cavalleria rusticana di San Francisco, nel 1938, lasciò la sconsolata Lily Pons-Santuzza sola soletta sul suo carretto siciliano dopo che il somaro era fuggito gridando, secondo le testimonianze, "eeeaw". L' asinello di San Francisco apre, peraltro, un più succulento capitolo sull' impiego degli animali nel melodramma: usanza, informa Vickers, che può essere fatta risalire alla Firenze del diciassettesimo secolo. Ma, a ben pensarci, anche agli spettacoli di gladiatori nel Colosseo. Doveva averlo presente il regista Aldo Piccinato, che nel 1951 firmò a Roma un allestimento del Poliuto di Donizetti dotando del brivido di due veri leoni la scena del supplizio dei cristiani. Peccato che, sedotta dalla voce del tenore Carlo Bini, una delle due bestie si spinse al punto di posargli una zampona sulla spalla al momento dell' acuto. Sullo stesso argomento la casistica - specie equina - è enorme: si va dall' eroismo di Gavazzeni che in una Carmen veronese (Arena naturalmente) del 1970 frenò un cavallo imbizzarrito con un pieno dell' orchestra, fino al cavallo che schizzò via dal palcoscenico girevole in un' edizione scaligera di Romeo e Giulietta di Zandonai, passando per l' altro quadrupede, di stazza adeguata ad un voluminoso tenore jugoslavo, che pensò bene di dar corso alle proprie funzioni corporali (conseguenti, come si può immaginare, al peso della bestia), in un Boris Godunov del Covent Garden, annata 1958, proprio mentre si cantava la rovina di Russia. E un capolavoro di tempismo, a proposito, furono i cammelli, gli elefanti, gli orsi e i leoni di un' Aida di Caracalla, che procedettero contemporaneamente alla stessa pratica fisiologica: spettacolo impressionante, al punto che l' intimidito figlioletto di Peter Ustinov, che figurava tra il pubblico, si spinse a tirare il genitore per la manica chiedendo "Papi, è giusto se adesso rido?". Ustinov non è una presenza casuale nel libriccino di Vickers: sua, ad esempio, è l' illuminante storiella conclusiva, che lo vede capitare all' Opera di Amburgo, tecnicamente avanzatissima, dotata di tecnici sopraffini e di infallibili computer. In tanta meraviglia, c' è un tizio che ne combina di tutti i colori: prende il martello in mano e questo gli scappa centrando la testa del direttore di scena, le quinte cadono quando si avvicina, le luci, fin lì magnificamente regolate dal computer, si affievoliscono e si spengono lasciando che l' oscurità avvolga il teatro. "Che ci fate qui?" chiede lo stupefatto Ustinov all' ometto. "Sono qui per umanizzare gli altri", risponde il tizio, specificando che la sua è una tradizione di famiglia, e che i suoi errori sono una barzelletta se paragonati al Grande Sbaglio del padre, direttore di scena a Klagenfurt. Si dava Guglielmo Tell e dalla sua postazione tutto filava liscio: coro in posizione, scene a posto, cantanti che cantano e orchestra che (sia pur fievolmente) suona. L' errore? Una cosetta: il sipario non si alzò mai. A Ustinov si deve anche qualcosa in più dei due aneddoti: e cioè una piccola, semiseria, intelligente prefazione dove si cerca di capire perché proprio il melodramma collezioni disastri, e disastri di una certa portata. Perché - spiega Ustinov - nell' opera ci sono pericoli anche quando tutto va bene: "non c' è nessuna forma d' arte che aspiri al sublime e sfiori contemporaneamente il ridicolo con la stessa folle temerarietà". Reale e irreale, insomma, si confondono: se si accetta di credere all' amore fatale fra un soprano in generoso sovrappeso e un omino che non supera il metro e cinquantacinque, ci si deve anche attendere che si spari ad un personaggio e che sia un altro a cadere al suolo. Caso verificatosi in una Tosca di San Francisco, dove uno sconclusionato squadrone d' esecuzione, trascurato dal regista e in preda ad assoluta ignoranza riguardo alla trama dell' opera, entrò in scena sapendo di dover sparare, ma non a chi. E dal momento che il tenore continuava a fare strani cenni d' intesa all' indirizzo del soprano, era chiaro che la vittima non poteva che essere quest' ultima: curioso, però, che nonostante i colpi di fucile la donna continuasse a cantare mentre il suo partner, del tutto fuori tiro, si accasciava senza vita. Così, ancora, la commistione fra tragico e comico che fa del Don Giovanni mozartiano un capolavoro può essere anche accentuata dall' estro di uno spettatore: quell' anonimo signore che a Vienna, quando Cesare Siepi venne riportato per la seconda volta in superficie dall' ascensore di palcoscenico che doveva invece sprofondarlo agli Inferi, gridò "Dio mio, che meraviglia: l' inferno è pienoé". E per sottofondo il rumore dello sciacquone E se, restando alla stessa opera, fanno storia anche una Donna Elvira newyorkese incastrata in una portantina e, sempre a New York, un imprevisto sollevamento dei fondali con relativa visione della 55ma strada, gli ascoltatori della Bbc ben ricordano il curioso sottofondo toccato in sorte nel 1949 ai celesti tromboni della Statua del Commendatore. Accadde infatti che in tutto il King' s Theatre di Edinburgo il punto migliore dove collocare i solisti per ottenere la sovrannaturale risonanza risultasse essere un bagno degli uomini in disuso: peccato che la sera della prima ritornasse improvvisamente in vita il vecchio scarico automatico dello sciacquone (d' altra arte, a una Statua mozartiana era capitato di essere pitturata a macchie gialle dall' assistente scenografo: motivo? Il realismo che associa i monumenti, per semoventi che siano, ai piccioni). Il catalogo di Vickers è ancora ben lungo: troviamo Duchi di Mantova che inghiottono eroicamente i mustacchi e Rigoletti che perdono la gobba trasformandosi in individui normali con un sedere spropositato, una Salomé che trova sul vassoio una pila di tramezzini al prosciutto invece della testa di Jokanaan (anche se questa, siamo giusti, è un' anticipazione del secondo libro di aneddoti), un sostituto Otello tutto bianco nell' unica compagnia lirica tutta nera, l' Opera South di New Orleans, una Joan Sutherland-Beatrice di Tenda rimasta in sottoveste al San Carlo. E una messe di sciagure wagneriane: Sigfridi senza spade, Wotan rotolanti dalle montagne perché accecati da un troppo veritiero fuoco eterno, una Sieglinde che perde un dente nel corso del duetto d' amore. Il tutto narrato con invidiabile aplomb britannico: vedasi la sincera meraviglia con cui l' autore annota la contestazione rivolta addirittura a Giuseppe Verdi nel corso - guarda caso - del Don Carlo scaligero del 1970 diretto da Claudio Abbado, quando, nel bel mezzo dell' introduzione all' aria di Filippo, una voce planò dal loggione esclamando "Io trovo questa musica molto lenta e noiosa". Commento fin troppo aristocratico e quindi generatore di sospetti: ma, com' è giusto ripetere, "se non è vero, è ben trovato".
di LOREDANA LIPPERINI

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P.s. L’opera può essere un po’ fuori moda ma certi virtuosismi... insuperabili

 
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Non sono un amante dell'Opera,anzi,però ricordo di aver visto da bambino Rigoletto,mi è piaciuta molto e qualche anno fa la rividi..bella!
Per il resto..sono uno zero.
 
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view post Posted on 24/4/2020, 21:07     +1   +1
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Un genere da non dimenticare ma, in genere si prendono troppo sul serio in effetti.. per cui pensare alla soprano che zompa scomposta dietro un muretto o il tenore col “culone” mi ha fatto morì dalle risate... non per ridere delle disgrazie altrui ma perché siam tutti umani :roflmao: :roflmao:
 
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view post Posted on 24/4/2020, 22:03     +1   +1   +1
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sì, mi piace l'Opera. Ho imparato a conoscerla e ad apprezzarla con il tempo e grazie al gentil sesso
 
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:roflmao: Molto divertenti alcuni degli aneddoti raccontati. Il commento del signore di Vienna che commenta che l'inferno è pieno, quando l'ascensore sale per ben due volte, anziché scendere... :lol:
Io comunque devo ammettere che non sono mai stato un amante della lirica, ma c'è un pezzo che secondo me è da pelle d'oca, mi è venuta anche ora, che l'ho riascoltato...

 
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