METAL DETECTOR HOBBY

Piemontesina bella...

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view post Posted on 4/11/2019, 00:22     +4   +1   +1
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Feramiu' H24
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Buongiorno!
reduce dal solito appuntamento con Militalia a Novegro, anche stavolta ho riportato a casa un pezzetto di storia (della mia) patria. Rovistando in una valigia piena di piastre a pietra focaia, quasi tutte fuori dalla mia portata economica... mi è "cascato l'occhio" su un dettaglio di questo rottamino che mi ha fatto sobbalzare. Così ho smesso di cercare e... adesso è mia! :)
Ad un primo esame, è abbastanza evidente che si tratti di un acciarino a selce, alla francese, il cane a collo di cigno lo colloca in un periodo che va dal 1690 al 1770 circa, questo tipo di cane era relativamente fragile ma aveva il vantaggio di poter essere abbastanza facilmente adattato, piegandolo a caldo,per sopperire alle enormi tolleranze costruttive dell'epoca pre-industriale. Infatti il cane, cadendo durante lo sparo, doveva trovarsi in una posizione ben precisa rispetto alle altre componenti del meccanismo, in particolare doveva avere un certo angolo di incidenza rispetto alla martellina e doveva portare il filo della pietra a cadere, a fine corsa, esattamente al centro dello scodellino. Quando si adottò il sistema metrico, la costruzione delle piastre fu maggiormente curata e standardizzata e si potè far ricorso a cani molto più robusti, a collo doppio o a cuore etc etc. Lo scodellino in ferro di norma, sulle armi militari, scomparve intorno al 1770 per lasciare il posto a quello in ottone, più durevole e facile da manutenere.
Ma torniamo alla "nostra": il dettaglio che mi ha colpito è la presenza di ben due "briglie", ovvero piastrine che bloccano determinate viti del meccanismo in una ben precisa posizione. Nella fattispecie, queste briglie sono quadre, soluzione tecnica assai raffinata e costosa che richiedeva un altissimo livello produttivo per l'epoca.
Una briglia, molto più semplice, era presente sulla piastra del fucile francese 1717, prima vera ordinanza della storia. Ma per quanto ricordavo, l'unica piastra ad adottarne ben due era la mod. 1730 piemontese. Confidando nel mio ricordo me la sono portata a casa, e finchè non mi è arrivato un aiuto dalla regia ( :P ) sono rimasto col fiato sospeso... confrontandola con l'unica opera decente che sia stata pubblicata, "Le armi dal fuoco del vecchio Piemonte " del mio compianto amico Francesco Sterrantino ho avuto la conferma. E' proprio LEI!
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La piastra a pietra focaia mod.1730, dopo una prima oliatina


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I disegni tratti dall'opera "Le armi da fuoco del vecchio Piemonte" che confermano la mia identificazione


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Alcuni passi dell'opera dai quali si evince come le uniche piastre ad avere la doppia briglia quadra fossero quelle costruite a Torino da Biagio Sclaverano


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Dettagli delle due briglie, anteriore alla vite della martellina, e posteriore alla vite della leva di sparo.Notare gli intagli che ornano la molla!



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Caratteristica la coda della molla della martellina, sagomata a cuspide di freccia. Si intravvede qualcosa sulla superficie anteriore della piastra, spero che si tratti di un marchio, anche se questo non è influente al fine dell'identificazione, a questo punto univoca.

Per chiudere, ecco un pezzo decisamente raro che va restaurato e conservato, a memoria dello staterello che tenne in scacco il re Sole prima, e qualche altro Luigi dopo...



P.S. se a qualcuno dovesse mai interessare... ecco chi era Sclaverano:

Centri di produzione - Manifattura delle piastre
Il 29 marzo 1726 l’armaiolo torinese Francesco Jenner assume l’incarico di montare in Arsenale 3.500 fucili con canne, piastre e guarniture fornite dall'Azienda. Da parte sua l’Azienda mette a disposizione le casse di legno di noce sbozzate, cioè solo segate, i banchi e gli utensili. Un secondo contratto per altri 3.500 fucili è appaltato al Jenner nell’ agosto 1726. Le canne giungono dalla Germania e da Brescia, le piastre e le guarniture sono presenti in abbondanza nell’Armeria. All’inizio del 1727 sono stipulati altri cinque contratti di oltre 3.000 fucili. Altri contratti per il montaggio di fucili sono stipulati nel 1763.
Manifattura delle piastre. Al termine dell’assedio di Torino (7 settembre 1706) le armi delle truppe ducali sono in condizioni miserande e il Duca progetta di concentrare la produzione armiera a Torino. Però è necessario realizzare opere imponenti e di costo molto elevato. Così Vittorio Amedeo accantona momentaneamente l’idea di costruire a Torino una grande fucina per la fabbricazione delle canne perché i rinnovati impianti di Barge possono sopperire temporaneamente alle esigenze. Il Duca ordina a Barge 12.000 canne da consegnare in quattro anni e studia la possibilità d’installare nell’Arsenale un'officina ben attrezzata per la produzione di acciarini e guarniture per evitare di acquistare all’estero i 12.000 acciarini necessari per montare i fucili con le canne prodotte da Barge. A realizzare la volontà del Duca nel 1708 è chiamato il Sovrastante dell’Arsenale, Biagio Sclaverano, che ha dato prova di sé organizzando la riparazione delle armi durante l’assedio.
Lo Sclaverano si mette al lavoro e presenta il progetto della fabbrica, i modelli di piastre e guarniture da produrre, nonché i sistemi e i cicli di lavorazione. Il Consiglio delle Finanze approva il progetto che diviene subito esecutivo. Lo Sclaverano si occupa di tutto, progetta e fa costruire una macchina per trapanare le canne da fucile, una per rigarle, una fresatrice per i bacinetti e un impianto con mole orizzontali e verticali. Nel 1709 sono rigate con ottimo risultato 133 canne di moschetti a miccia biscaglini. Completate le attrezzature giungono le materie prime. Il ferro proviene dalla Val d’Aosta (Cogne, Chatillon e Champorcher), dal Canavese (Cono) e da Luserna (Piemonte occidentale), mentre gli acciai per molle e gli utensili provengono da Brescia. Peraltro il carbone per le forge è insoddisfacente.
All’inizio del 1710 iniziano a funzionare le prime forge e nella se¬conda parte dell’anno l’officina inizia la produzione dei pezzi forgiati, ma gli impianti, ancora incompleti, creano difficoltà e rallentano il ritmo. Biagio Sclaverano ha visto la fabbrica nascere e progredire e la considera sua proprietà. Questa posizione lo porta a scontrarsi violentemente con il Consiglio delle Finanze che assume un segretario per controllare i movimenti contabili della manifattura. Ma lo Sclaverano ignora il segretario; così inizia un conflitto che via via assume proporzioni rilevanti. Nel luglio 1711 lo Sclaverano versa al magazzino 100 piastre con batteria girevole per i moschetti delle Guardie del Corpo e in settembre 51 piastre come le precedenti più una serie ordinaria per il moschettone da cavalleria. Poi, più nulla. Tra una lite e l’altra si giunge all’inizio del 1714 senza che sia stata consegnata una sola piastra per fucile da fanteria. Sollecitato pesantemente concentra i 57 operai, impegnati in diverse lavorazioni, per completare le piastre (già in fase di lucidature e tempra) e a fine aprile 1714 consegna le prime 1700 piastre per fucili da fanteria e altre 500 in giugno. Ma nell’anno seguente consegna solo 1700 acciarini da fucile e 235 da pistola a causa della mancata consegna del ferro e dell’esigenza di riparare con urgenza una partita difettosa di canne acquistate a Brescia. Nel 1715 sono montati: 2.546 fucili da fanteria, 32 moschettoni per le Guardie del Corpo, 68 pistole per le Guardie del Corpo e 15 pistole per le galere. L’inverno rigidissimo e il locale adibito a dormitorio degli armaioli scarsamente protetto dalle intemperie costringono molti lavoranti ad abbandonare il posto. Inoltre una malattia contagiosa, probabilmente dovuta alle condizioni di vita, provoca decessi e altre fughe, mentre alcuni operai sono ricoverati nel lazzaretto. La fabbrica è ferma e i primi mesi del 1716 sono impiegati a risistemare i materiali e gli edifici danneggiati dal maltempo. Per questi motivi la produzione del 1716 è di soli 753 acciarini, consegnati il 14 agosto, e la prima consegna di armi montate è solo del 19 giugno. Nell’anno sono montate 750 armi.
Nel 1723 la fabbrica delle piastre e guarniture, avendo completato la prevista fornitura di 24.000 serie, è sciolta e il personale è concentrato nella fucina di Valdocco.
Fabbrica di Valdocco. La pessima qualità delle canne acquistate a Gardone nel 1714 e la mancata produzione della fucina di Barge provocano la reazione di Vittorio Amedeo II che, divenuto Re, ordina l’esecuzione dei progetti per la costruzione di una fabbrica di canne in grado di produrre non meno di 3000 pezzi l’anno incaricando lo Sclaverano della progettazione e sovrintendenza ai lavori di costruzione della fabbrica. La costruzione degli edifici inizia nel Valdocco nel 1715 e nel dicembre del 1716 la maggior parte dei lavori è completata. Ma molte opere devono essere rifatte o modificate e la fabbrica è terminata solo nel 1718. I guai maggiori si verificano nella costruzione e nel montaggio degli impianti, del macchinario e di tutto ciò che concerne il loro funzionamento. Finalmente nel luglio 1719 sono costruite le prime can¬ne di prova e in agosto la fucina è in grado di produrre. Il lavoro, previsto di tre mesi e mezzo, è durato tre anni e mezzo.
Gli stessi inconvenienti della manifattura delle piastre si verificano anche nella nuova fabbrica. Il personale, non specializzato, rende poco, i pagamenti sono irregolari, il ferro è di cattiva qualità e il personale è continuamente spostato da Valdocco all’Arsenale per la manutenzione e montaggio delle armi, secondo le richieste dell’Intendenza che contemporaneamente pretende canne, piastre e guarniture. Gli operai sono pagati irregolarmente e, presa la paga, fuggono. Nel 1720 anche il ferro di Champorcher non è della qualità necessaria per la realizzazione delle canne. Tuttavia le prime sono costruite, collaudate e consegnate in Armeria e per tre anni si registra un continuo migliora¬mento della produzione. Anche la qualità del carbone va migliorando. Tra il 1720 e il 1722 sono installate altre macchine.
Si prevede quindi un roseo avvenire quando l’Azienda d’Artiglieria sospende ogni pagamento per la mancanza di fondi. Conseguentemente parte del personale delle fucine di Champorcher è licenziato e il ferro prodotto, finalmente di ottima qualità, è venduto altrove. Altrettanto fanno i carbonai. Gli operai della fucina e della manifattura di piastre sono anch’essi licenziati in gran parte e nel 1724 le due manifatture sono ferme. Questa volta però Vittorio Amedeo II è avvertito della situazione e ordina un’inchiesta. Le canne prodotte tra il 1719 e il 1723 sono 1.665 versate in Armeria e altre 1.155 pronte per la prova. I provvedimenti presi dal sovrano sono radicali: la fabbrica delle piastre e guarniture, avendo completato la prevista fornitura di 24.000 serie, è sciolta e il personale rimasto è concentrato nella fucina di Valdocco. La fabbricazione delle canne e il montaggio delle armi sono dati in appalto. Le altre parti d’armamento si acquistano all’estero. L’Intendente e la sua cricca sono licenziati e probabilmente uguale sorte tocca al Sovrintendente. Tra il 1723 e il 1725 il personale, concentrato nella Fucina, completa le canne rimaste sbozzate e costruisce baionette con la direzione di un capomastro.
Nel 1726 sono eseguite le gare per l’appalto della gestione della fabbrica, ma i primi appaltatori non danno risultati qualitativamente e quantitativamente accettabili. Nel luglio 1731 il mercante Bartolomeo De Lorenzi finalmente assunse la gestione della fabbrica di canne. Non è un armaiolo né un fabbro, ma la lunga esperienza nel commercio del¬le armi gli consente di percepire e risolvere le necessità della Fucina. Sfruttando le conoscenze in Val Trompia, convince alcuni buoni maestri da canne a espatriare e il discreto livello delle maestranze piemontesi gli permette di non avere grossi problemi per raggiungere la produzione richiesta. Ma il De Lorenzi muore improvvisamente nel 1735, lasciando il compito di proseguire nell’impresa al suo socio e fiduciario, Carlo Tenca, che è già fornitore di metalli, utensili e armi. Nel 1737 la gestione della fucina è assunta dall’armaiolo Francesco Jenner al quale è prorogato il contratto fino al 1752. Dopo questa data si susseguono altri impresari e la fabbrica produce regolarmente fino al 1775, anche se con numerosi problemi.
L’architettura e la potenzialità della Fucina Reale di Valdocco rimangono invariate per tutto il secolo. Attorno ad essa sono costruiti nuovi edifici e un altro canale destinati alla fonderia di cannoni, nel 1741 è installato un grande trapano verticale per la foratura di questi, nel 1749 è aumentata la capacità dei magazzini. Verso il 1783 è installato un nuovo maglio che però non influisce sensibilmente sulla quantità di canne prodotte. Nessun'altra miglioria è effettuata fino alla dominazione francese.
Nel 1804 il colonnello Heiman Cotty assume la direzione della manifattura e la potenzia notevolmente, riorganizzandola. Gli scarti di canne scendono 10% al 2%. L’organizzazione, le attrezzature, gli impianti e i modelli .sono ereditati dal governo sabaudo nel 1814. Proseguendo sulla strada ben tracciata, il complesso è ulteriormente migliorato e potenziato, modificando il proprio nome da “Manifattura” a “Fabbrica” nel 1823.
Anche dopo l’Unità d’Italia la Fabbrica Reale di Valdocco continua a produrre e a espandersi, divenendo Regia Fabbrica d’Armi e tale rimane fin dopo la prima guerra mondiale; poi è incorporata nella ferriera FIAT.

Edited by sofocle62 - 4/11/2019, 15:34
 
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view post Posted on 4/11/2019, 10:53     +1   +1
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:wub: :wub: :wub: spettacolo.... gioiellò di meccanica e... pure rara!!! Che occhio Sof!!!! Enciclopedia ambulante dell’oplologia piemontese!! :woot:
 
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view post Posted on 4/11/2019, 11:01     +1   +1
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tenent

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Magnifico pezzo Alberto! Complimenti!
 
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Grandissimo Alberto! Complimenti per il recupero, che non nasce dal caso ma da una sapienza straordinara! Complimenti!!
 
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view post Posted on 4/11/2019, 15:29     +1   +1
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Grazie mille Amici!!! :D
 
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