IL PORTO ROMANO DI TESTACCIOUna delle opere più importanti dell’Impero Romano era il Porto sul Tevere di Testaccio, Roma primitiva è nata dal suo fiume, il quale è citato come Genitor Urbis, maris oetium e mercator placidissimus, cosi il destino dei due sono intrecciati. Al Tevere dobbiamo le prime leggende della preistoria e l’origine Etrusca del suo nome Thybris. Il fiume appare come principale via di comunicazione con il porto di Ostia, dunque un fiume che coinvolge popoli e merci per la sopravivenza di Roma con gli approvvigionamenti del grano già dal IV° secolo a.C.
Durante l’epoca Repubblicana di Roma furono iniziate le più importanti installazioni portuali sul fiume, che vano dal Molo di Tor di Nona al Porticus Aemilia alla Horrea Seiana et Lolliana dell’ attuale Testaccio.
Di fronte all’attuale Trastevere sulla riva del Campo Marzio conservavano le navi catturate al nemico e si armavano le vecchie e nuove squadre, la zona di Testaccio invece era adibita al commercio con l’installazione dei numerosi magazzini, il più importante per le sue dimensioni era il Porticus Aemelia di una superficie di 29.220 mq. e sito parallelo al fiume e il suo estremo nord arrivava quasi ai piedi dell’Aventino. Probabilmente all’inizio del III° secolo d.C. funzionava ancora nella sua forma originale, ma poi in seguito durante l’epoca imperiale il magazzino era stato diviso con varie tramezzature in mattoni. L’Emporium era cosi collegato con tutti i vari edifici alla via Ostiense creando cosi un polo commerciale di notevole importanza.
La parola latina horreum anche se derivata da hordeum, orzo significa deposito o magazzino per il grande traffico di merci e di personale abbondante. Molte iscrizioni sono state trovate durante gli scavi, molte portano il nome dell’imperatore Galba probabile restauratore del complesso. Il ponte Sublicio divideva la navigazione in due sezioni: marittima e fluviale (sopra corrente) la riva sinistra era divisa in una serie di sezioni o portus ognuna destinata ad una specie di merce, il portus prendeva il nome della merce come portus vinarius o portus legnarius, o prendeva il nome di un commerciante o di un proprietario.
Il traffico era diretto dal Praefectus Annonae aiutato dai Curatores Tiberis. Ma il porto dei porti della Roma Imperiale rimane l’Emporium a Testaccio corrispondente alla piazza omonima con il suo Porticus Aemelia costituito dalla piazza con portici sui tre lati, lungo mezzo chilometro e largo sessanta metri sito tra le vie odierne Mormorata e Franklin, costruito con 294 pilastri in cinquanta navate per l’immagazzinaggio, costruito dai pretori edili nel 193 a.C. L’edificio troneggiava in mezzo ad un piazzale aperto verso il Tevere dotato di una banchina in blocchi con scale di accesso e pietre forate per l’armeggio.
Alle spalle dell’importante edificio erano situati gli Horrea Galbana, del Console Galba nel 108 a.C.,questi Horrea misuravano 180 m. per130, divisi in tre grandi cortili nell’area odierna di S. Maria Liberatrice e via Bodoni. Dobbiamo segnalare il ritrovamento nel 1885 della tomba di Sulpicio Galba collocata in seguito nel Museo municipale del Celio. Quanto all’istituzione dei granai pubblici fu recuperata dalla Chiesa come la continuità della tradizione Romana anche dopo la caduta dell’Impero.
Tra i vari commercianti proprietari od affittuari dei vari magazzini abbiamo notato il nome di varie donne, molte di loro erano commercianti in anfore, merce molto usata a Testaccio che servivano oltre che al trasporto del vino e dell’olio anche usate vuote per l’edilizia con il compito di alleggerire le volte dei solai (Circo di Massenzio).
Le anfore erano di varie tipologie secondo il loro contenuto e anche del paese di provenienza ; Betiche od Africane per la gran parte, le varie iscrizioni e bolle decifrate su dei cocci ritrovati in abbondanza ci ha permesso di datare, leggere il nome delle associazioni o proprietari, il nome e la quantità del prodotto trasportato.
Ma la cosa più tipica del porto di Testaccio è il famoso Monte dei Cocci alto attualmente 52 metri con una circonferenza di 1.448 metri, durante l’epoca di Augusto tale monte era alto oltre 70 metri.
Il nome Testaceus significa vaso di terra (da testaae), ecco le origini del nome Testaccio preso dai Cocci che formano il suo Monte chiamato anche popolarmente “l’ottavo colle di Roma”. La prima volta il nome di Testaccio appare in una tavola di marmo del VIII° secolo:”Bineas tabulis qui su in Testacio”, ma usavano anche il nome di”Doliolo” da “dolii”, invece da un Codice dell’Alto Medioevo della biblioteca casanatense veniva chiamato “Monte di tutto il Mondo” per il fatto che le anfore che lo formavano venivano da tutte le Provincie Imperiali.
Anche se oltre i cocci delle anfore il monte era probabilmente composto anche di altri materiali di discarica è sempre stato chiamato Monte dei Cocci.
Le anfore vuotate venivano rotte e con una apposita legge venivano collocate alternate con uno strato di terra. I primi cocci portano la data del 144 d.C. e gli ultimi quella del 251 d.C. Il vino veniva in genere dalla Francia, dall’Africa e dalla Spagna, l’olio invece da Massilia nelle anfore di Aix.
Nel Medioevo la collinetta si chiamava Mons de Palio, il suo destino cambierà con la festa popolare che si svolgeva su questi prati di Testaccio riprendendo quella che si svolgeva fin dall’epoca Romana con i baccanali e i saturnali. Questa festa esisteva già nel XII° secolo e il popolo poteva usare i prati di proprietà della Chiesa pagando un fiorino d’oro all’anno, come all’epoca dei Circhi quando gli spettacoli erano pagati dagli ebrei che versavano 1.130 fiorini all’anno.
Nel 600 invece una forte speculazione privata faceva sorgere vari grottini e l’uso a frigorifero delle grotte del porto, seguiranno le famose Ottobrate Romane, quelle dei poeti romaneschi, il Testaccio come Trastevere è sempre stato la culla della Romanità.
Certamente, dopo avere perso il suo Porto e la navigazione via Tevere delle merci, fonte di ricchezza per il rione, il commercio aveva subito un duro colpo e come tante opere dell’Impero Romano di quel meraviglioso porto rimangono solo dei ruderi a testimonianza di un glorioso passato.
Attualmente si nota un interramento plurisecolare nel criptoportico del Porto Romano di Testaccio, questo criptoportico che corre parallelo al lungotevere prosegue su due lati chiusi da un muro di terra dal quale spuntano anfore e cocciame, si notano vari piccoli vani voltati che si spingono sotto il lungotevere stesso, probabilmente l’interramento era stato voluto durante l’ultima fase edilizia del porto romano quando si era deciso di tamponare vari vani per edificare superiormente un edificio diverso.
L’unico settore del Porto Romano rimasto intatto è quello più vicino al ponte Sublicio, non ancora scavato, ma le stanze laterali sono raggiungibili ed il tratto sotto il lungotevere è percorribile.
ponte SublicioNon bisogna credere che Roma antica sia sparita, perché sotto le piazze, sotto le case e sotto le basiliche si nascondono edifici Romani classici di rara bellezza che forse non vedranno mai la luce come il bellissimo Porto Romano di Testaccio.
Nei secoli i cocci delle anfore, che servivano a contenere grano e alimenti liquidi durante il trasporto, si accumularono a montagnola: da qui il nome - antico - di monte Testaccio o Monte dei cocci, e la scelta - moderna - dell'anfora come simbolo del rione. Il numero delle anfore accatastate si stima attorno ai 25 milioni.
Sono stati eseguiti moltissimi studi sul Rione Testaccio, e tra i vari studiosi italiani e stranieri è doveroso citare E.R.Almeida e Dressel.
Approfondimenti sul Monte Testacciohttps://it.wikipedia.org/wiki/TestaccioIl porto dell'Emporio funzionava fin dall'epoca romana, ed era il punto d'approdo delle merci e delle materie prime (prioritariamente marmi, grano, vino) che, arrivate via mare dal porto di Ostia, risalivano il Tevere su chiatte rimorchiate dai bufali che nel 1842 vennero sostituiti con rimorchi a vapore.
Nei secoli i cocci delle anfore, che servivano a contenere grano e alimenti liquidi durante il trasporto, si accumularono a montagnola: da qui il nome - antico - di monte Testaccio o Monte dei cocci, e la scelta - moderna - dell'anfora come simbolo del rione. Il numero delle anfore accatastate si stima attorno ai 25 milioni.
Le anfore vuote che avevano contenuto soprattutto olio venivano rotte in cocci poi disposti ordinatamente per dare stabilità in piramide a gradoni e cosparsi di calce per evitare gli odori dovuti alla decomposizione dei residui organici.
Edited by ONIDINO - 28/9/2022, 00:00