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30 maggio 1848 La Battaglia di Goito

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GURKHA

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La Battaglia di Goito 30 maggio 1848

La battaglia di Goito fu un episodio della prima guerra di indipendenza.

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Il motto dei Granatieri «A me le guardie!» deriva dal grido lanciato da Vittorio Emanuele, Duca di Savoia, «A me le guardie per l'onore di casa Savoia!», comandante del Reggimento Granatieri-Guardie, ai granatieri, che si lanciarono in un corpo a corpo contro gli austriaci a Goito il 30 maggio 1848 (prima guerra d'indipendenza): in quella circostanza essi decisero le sorti del combattimento. Il motto venne ridotto, dopo la proclamazione della Repubblica, all'attuale motto: "A me le guardie"


Ebbe luogo il 30 maggio 1848, quando l'esercito austriaco del feldmaresciallo Radetzky tentò di sloggiare il 1° Corpo d'armata dell'esercito sardo dalle posizioni che teneva a protezione dei ponti sul Mincio, circa 20 km a nord di Mantova, e venne invece respinto.

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Le truppe acclamano Carlo Alberto 'Re d'Italia'

Il 18 marzo 1848 ebbero inizio le cinque giornate di Milano. Il comandante dell'esercito del Lombardo-Veneto, il feldmaresciallo Josef Radetzky, prima eccitò la rivolta, poi non seppe domarla, vedendosi costretto ad abbandonare la città dopo cinque giorni di furiosi scontri. Contemporaneamente manifestazioni si ebbero in diverse città del Lombardo-Veneto e a Como l'intera guarnigione si consegnò agli insorti.

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Il giorno dopo l'evacuazione di Radetzky da Milano, il re di Sardegna Carlo Alberto di Savoia dichiarò guerra all'Austria e attraversò il Ticino. Il suo esercito era organizzato su due corpi d'armata: il 1º affidato al generale Eusebio Bava e il 2º al generale Ettore De Sonnaz.


Verso Goito


Radetzky commise due fondamentali errori: inviò 12.000 uomini del II Corpo in una lunghissima manovra aggirante, per Rodigo sino alla lontana Ceresara, talmente lontano da non poter poi partecipare in alcun modo alla battaglia; non proseguì che il giorno seguente, 30 maggio, formando il I Corpo in schieramento di battaglia di fronte a Goito solo alle tre del pomeriggio, dove però i Sardi lo aspettavano a piè fermo.

Il ritardo aveva, infatti, permesso a Carlo Alberto di prepararsi alla manovra aggirante preparata dal Radetzky, concentrando su Goito ventitremila uomini.

La difesa di Goito era un imperativo per i Sardi, tenuto conto che un eventuale arretramento avrebbe compromesso i passaggi sul Mincio di Goito, appunto, della vicina Pozzolo, nonché, poco più a nord, di Valeggio-Borghetto e Monzambano. Una sconfitta avrebbe, quindi, tagliato fuori l'intera metà dell'esercito sulla sinistra del Mincio ovvero, nella migliore delle ipotesi, tutte le conquiste dell'ultimo mese.

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SCHIERAMENTO SARDO

Lo schieramento era stato completato a mezzogiorno, ed andava da Goito, a sud-est, alla frazione di Cerlongo, a nord-ovest, lungo la strada dal ponte di Goito verso Brescia, con alle spalle il nodo viario di Volta, circa 7 km più indietro:
Il ritardo nel riconoscimento del pericolo, tuttavia, aveva permesso di raccogliere solo una parte delle truppe potenzialmente a disposizione.

Bava mise insieme 21 battaglioni, 23 squadroni e 56 cannoni. Ovvero poco più di 23'000 uomini, tutti del 1º corpo, e della divisione di riserva.

Mancava all'appello la Brigata Regina, 2 dei 5 battaglioni della Brigata Cuneo, tre dei cinque battaglioni della Brigata Acqui, che non fecero in tempo a raggiungere il campo di battaglia.
Mancava, inoltre, l'intero 2º corpo del De Sonnaz, schierato all'assedio di Peschiera e a protezione del fronte settentrionale. Si trattava, insomma, di poco più della metà dell'esercito che Carlo Alberto aveva portato nella campagna di guerra.

La truppa venne fatta marciare da nord verso Goito, man mano che le esplorazioni confermavano l'assenza di avanguardie austriache, attardate, come si è visto, a Curtatone. Giunta in loco, venne divisa in cinque gruppi principali:

all'estrema destra due dei tre reggimenti di cavalleria, insieme a molti bersaglieri, ad evitare eventuali tentativi di aggiramento

a destra, su Cerlongo, stava la Brigata Cuneo, (solo 3 dei 5 battaglioni)

a sinistra, sino a Goito, stava la Brigata Casale, sostenuta dalla Brigata Acqui (solo 2 dei 5 battaglioni) un piccolo battaglione napoletano (1º battaglione del 10º Reggimento fanteria "Abruzzi")

all'estrema sinistra Goito era occupata da due battaglioni, fortificata e protetta da numerosa artiglieria, e veniva ad appoggiarsi al fiume.

in seconda linea, sulle alture dette ‘dei Somenzari', la Brigata Aosta, la brigata Guardie e una forte riserva d'artiglieria.

SCHIERAMENTO AUSTRIACO

Si trattava di tutto ciò che il Bava era riuscito a richiamare. Ma non sarebbe stato sufficiente se Radetzky avesse portato tra Goito e Cerlongo l'intero esercito che si era trascinato da Verona, aggiunto ai 7 battaglioni di Mantova: in totale fuori Mantova aveva a disposizione 37 battaglioni, 27 squadroni ed 88 cannoni: sino a 44.000 uomini contro 23.000. Si trattava, insomma, di circa i 2/3 dell'esercito del feldmaresciallo, contro poco più della metà dell'esercito di cui disponeva Carlo Alberto.

Ciò che non accadde: l'esercito austriaco che si presentò di fronte al Bava ed a Carlo Alberto era composto solo dal I Corpo del Wratislaw, rinforzato di alcune unità del II Corpo e seguito dalla divisione di riserva del Wocher. In tutto, probabilmente, 29.000 uomini.

Il resto, 12.000 uomini, affidati al d'Aspre, si erano incamminato sulla lunga strada per Rodigo - Ceresara, mirando ad aggirare le linee sarde sulla direttrice Ceresara – Guidizzolo. Che non avrebbe mai raggiunto. Senza nemmeno entrare in battaglia.

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LA BATTAGLIA

Il 30 maggio Carlo Alberto, dal suo punto di osservazione sulla collina detta "dei Somenzari", vide arrivare le truppe di Eugen Wratislaw che marciavano lungo la direttrice Sacca-Goito, per l'esistente strada. Giunte in prossimità del punto di attacco, le colonne si arrestarono, furono raggiunte dalla retrovia d'artiglieria e cavalleria ed impiegarono molto tempo per schierarsi sul terreno intricato di colline e coltivazioni.

L'assalto austriaco iniziò molto tardi, verso le 15:00, contro la sinistra di Eusebio Bava appoggiata su Goito, e fu annunciato da un nutrito fuoco d'artiglieria, ben risposto dai 14 pezzi dei difensori. Bava staccò truppe dal centro e fece passare sulla riva sinistra del Mincio un battaglione con quattro pezzi per prendere il nemico di fianco: in tal modo l'attacco austriaco fu cinque volte ripetuto e cinque volte respinto.

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Poco dopo cominciò anche l'assalto delle brigate Wohlgemuth e Strassoldo alla destra sarda. La linea difensiva piemontese cominciò a vacillare e alcuni battaglioni della Brigata Cuneo presero a ripiegare. Gli austriaci giunsero quindi ad impadronirsi delle prime case di Cerlongo. A quel punto l'artiglieria sarda, dalle retrovie, fu posta in batteria e sostenne la fanteria con un nutrito fuoco di sbarramento, arrestando l'avanzata austriaca.

La Brigata Aosta, posta in seconda linea, fu mandata a tappare la falla e recuperò terreno; intervennero anche l'Aosta Cavalleria ed il Nizza Cavalleria, all'inizio della battaglia schierate sul centrale poggio "dei Somenzari", accanto ai Carabinieri a cavallo; l'azione consentì di interrompere il tentativo di aggiramento di Radetzky, e porne le avanguardie sulla difensiva.

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Vittorio Emanuele II e i Granatieri

Venne, quindi, l'ora del contrattacco; Vittorio Emanuele, erede al trono e Duca di Savoia, condusse la Brigata Guardie (l'ultima riserva) verso il fronte: quella marcia intercettò la fuga della brigata Cuneo, che fu arrestata e riorganizzata.

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Brigata Guardie Granatieri di sardegna

Riannodate le file, le due brigate, verso le 18:00, contrattaccarono il centro e l'ala sinistra del feldmaresciallo e li fecero indietreggiare per poi caricarli alla baionetta, gettarli nello scompiglio e costringerli ad un precipitoso dietro-front. Vittorio Emanuele guidò personalmente all'assalto la brigata Guardia, rimanendo lievemente ferito.

Verso le 18:30, dopo tre ore e mezzo di combattimento, Radetzky contemplava la sconfitta: nessuna notizia da Costantino d'Aspre perso per la strada di Ceresara, la destra sfondata, il tentativo di aggiramento della linea Goito-Cerlongo definitivamente fallito; ed ordinò la ritirata.

ESITO

Radetzky aveva perso la battaglia, poiché aveva commesso un grave errore di condotta strategica: pur disponendo di forze sovrabbondanti, ne aveva impiegato una parte rilevante distraendole in una fallimentare, quanto ridondante, diversione.

Carlo Alberto aveva vinto la terza battaglia, su tre combattute. Bava aveva confermato il successo di Santa Lucia, come il di Sonnaz aveva vinto a Pastrengo. I Toscani a Curtatone avevano dimostrato significative volontà belliche.

Radetzky seppe far tesoro degli insegnamenti e, da quel momento, operò sempre in condizioni di forte superiorità numerica.

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Di fronte alla ritirata, il contrattacco non venne portato a termine. Salvo che per limitate azioni della cavalleria, sostenuta da qualche battaglione di fanti.

Tale atteggiamento, a volte molto criticato, deve essere fatto risalire a tre fattori determinanti:

Tutti i reparti sardi a disposizione erano stati impegnati in combattimento e, quindi, non necessariamente in condizione di condurre una decisa azione offensiva;

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Radetzky aveva impegnato in combattimento solo 14 dei circa 22 battaglioni a disposizione, ciò che gli consentiva discreti margini di difesa;

Del corpo del d'Aspre avevano perso le tracce non solo il feldmaresciallo, ma anche il Bava.


PERDITE

I Sardi ebbero 43 morti e 253 feriti. Gli austriaci 68 morti, 331 feriti e 223 dispersi (in gran parte disertori di un reggimento italiano). Fra le vittime Augusto Cavour, ventenne, figlio di Gustavo, il fratello di Camillo.

FONTI:

https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Goito
 
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view post Posted on 30/5/2017, 14:17     +1   +1
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