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LA VITA QUOTIDIANA AD OSTIA ANTICA Parte seconda

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view post Posted on 10/5/2017, 23:34     +2   +1   +1
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GURKHA

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LA VITA QUOTIDIANA AD OSTIA ANTICA


.......seconda parte




LA VITA IN CITTA’

Ostia costruita sotto Traiano e Antonino Pio era una bellissima e piacevole città, le strade erano curate. La via principale larga 9 metri attraversava il Foro e sulla stessa si affacciavano il Teatro, molti templi, edifici pubblici e le Terme ed era animata sui due lati da porticati usati per passeggiate eleganti.

La vicinanza del Capitolium , centro della politica, della cultura e degli affari faceva di questa via la più frequentata della colonia, i negozi erano di lusso e le case sovrastanti le più ricercate: la strada rappresentava un prestigioso ingresso della città. Anche altre vie di minore importanza erano fornite di portici che costeggiavano l’isolato e le sue numerose Tabernae site al piano terra. Il commercio ambulante era vivo quanto quello svolto nelle botteghe numerose nei quartieri. Poche vie secondarie non avevano portici, ma gli edifici erano muniti di balconi che riparavano i passanti dalla pioggia e dal sole.



Il pericolo più grave era quello degli incendi che si propagavano facilmente a causa delle candele, bracieri e lucerne. Uno dei più gravi fu quello del primo gennaio del 115 che distrusse molte proprietà. Per proteggere le Correa, il governo aveva provveduto a istituire un corpo di vigili che oltre a mantenere l’ordine pubblico erano stati incaricati di spegnere gli incendi. Fu dunque costruita la caserma dei vigili al servizio della città.

Per l’approvvigionamento idrico della città, Ostia fin dagli inizi dell’età imperiale era stata dotata di un acquedotto. La fonte del rifornimento d’acqua erano le colline che sovrastavano la pianura costiera a 6 km. a nord-est di Ostia.

Presso Acilia, all’inizio del secolo due pozzi d’ispezione del condotto allineato a lato della via Ostiense non riforniva d’acqua tutta la popolazione per la semplice ragione che gli allacci alla rete idrica erano a carico del richiedente, cosi solo i ricchi potevano permettersi di collegarsi con l’acquedotto. La popolazione aveva solo delle vasche e doveva accontentarsi dei servizi in comune come bagni o latrine. Esistevano delle fontane condominiali come per il caseggiato della casa di Diana e anche quelle pubbliche disseminate nei vari quartieri.


L'EX VOTO DI UN SOLDATO INCISO SU LASTRA DI MARMO

A parte le Terme che avevano un gran bisogno dell’acqua, anche le officine, le botteghe artigianali, le lavanderie, non potevano farne a meno e qualche volta dovevano rifornirsi con l’acqua di mare. Gli inquilini delle case in affitto e senza servizi dovevano rivolgersi alle Terme, cosi tre grandi impianti termali erano sorti ad Ostia durante l’impero. Nelle terme imperiali di Ostia si era adottato l’accorgimento di riservare orari diversi alla clientela maschile e quella femminile. Le terme di Nettuno avevano una tipologia semplice con i classici Frigidarium, Tepidaria e Caldarium.

Alcune stanzette erano destinate ad esercizi ginnici, al massaggio ed alla depilazione. Una saletta era adibita per ungere la pelle con una miscela di oli profumati e cera. L’ultima saletta era riservata alle latrine. Nel proprio perimetro le terme comprendevano delle botteghe per gli acquisti o di osterie per rifocillarsi. Le terme di Nettuno erano integrate da una spaziosa palestra per esercizi ginnici.

Le numerose statue come quella di Sabina, moglie di Adriano, trasformavano la palestra in un vero museo d’arte. Alle Terme del Foro si trovava uno spazio per una palestra pubblica. A sud-est sorgeva una latrina pubblica triangolare accessibile dal piazzale. Le aperture rotonde erano sistemate l’una accanto all’altra in un unico bancone marmoreo con una ventina di posti. Sotto il bancone scorreva una cabaletta di scolo.

Numerose Terme minori e senza palestra si erano divulgate in tutti i quartieri della colonia.

LA SITUAZIONE IGIENICO-SANITARIA E I MEDICI

L’igiene pubblica della città di Ostia fu tenuta in debito conto dai responsabili delle costruzioni, infatti una capillarità di canali di scolo convogliava i rifiuti verso le fogne principali, che correvano sotterranee in corrispondenza dell’asse centrale della strada e dirigendosi verso il Tevere. Purtroppo l’inquinamento del fiume era notevole perché raccoglieva anche i rifiuti di Roma.

Le condizioni igieniche della popolazione erano precarie e quindi causa di diffusione di malattie. Anche le ciurme che scendevano al porto si trasformavano facilmente in veicoli propagatori delle epidemie.



I defunti al di sotto dei dieci anni raggiungevano il 42% per i maschi e 34% per le femmine. Ad Ostia e al Porto vi erano medici, la medicina era giunta a Roma e nelle province dall’Oriente fin dall’età repubblicana ed era esercitata anche alla foce del Tevere da professionisti di buon livello che godevano di una posizione sociale invidiabile. Siamo venuti a conoscenza da due rilievi in terracotta del sepolcreto di un medico, di un parto eseguito su una poltrona fornita di maniglie, e l’altro di un intervento chirurgico.

Negli scavi di Ostia sono stati rinvenuti un gran numero di strumenti chirurgici in bronzo e da questi siamo potuti risalire alle tecniche avanzate dell’epoca.

LE OSTERIE, LE LOCANDE ED I BORDELLI

Le osterie e i ristoranti erano un elemento importante della vita cittadina, specialmente per una città di commercio e di passaggio come Ostia. Di questi luoghi ne sono stati contati 38, ma il loro numero esiguo non poteva competere con quello di Pompei. La loro concentrazione si nota nei quartieri che attorniavano la lunga arteria centrale in prossimità dei palazzi pubblici ed agli angoli delle strade. Certi esercizi si erano strategicamente concentrati intorno alle terme pubbliche e molti di loro erano ornati da un pavimento o da pareti sulle quali figuravano le specialità della casa.

Popina era il termine usato dai Romani per definire un locale con degli spazi per sedersi, in grado di offrire agli avventori un servizio completo di cibi e bevande, come le trattorie sulla via della casa di Diana, invece il termine Taverna indicava i locali dove si poteva consumare rapidamente una bevanda accompagnata da una focaccia a guisa dei nostri snack bar odierni e allora come oggi le osterie invadevano lo spazio pubblico.



La classica Popin, ossia osteria, poteva offrire cibi, bevande ed anche musica. La bevanda più classica servita era vino misto ad acqua calda, miele, pepe e varie sostanze aromatiche. Il vino più celebre era il Falernum campano.

Numerosi poeti e moralisti bollavano a fuoco le osterie, regno dell’ubriachezza e del vizio. Giovenale prendeva in giro nelle sue satire quei locali e quelli che li frequentavano. In quelle bettole si davano convegno la feccia del porto ed i giocatori di professione che baravano con dadi truccati.

Le taverne erano mal viste perché erano spesso dei centri di agitazione politica.
Visto i continui andirivieni di viaggiatori, Ostia era anche fornita di alberghi, ma tutti non sono cosi facilmente riconoscibili come la casa di Diana. C’erano degli alberghi di lusso, quelli con uso di cucina e le locande con servizio completo e pensione.

In una città di mare come Ostia ci si aspettava di trovare una gran numero di bordelli e di case chiuse, ma dai pochi reperti trovati gli archeologi ne hanno individuati solo venticinque. Molti Lupanari occupavano il primo piano, cosi molti di loro sono andati perduti per causa degli incendi e del clima troppo umido.



Ad Ostia, non sempre la prostituzione veniva esercitata in luoghi specializzati. Quelli che gestivano una taverna vi tenevano spesso le prostitute, cosi le proprietarie di una locanda e le loro figlie erano considerate donne di scarsa moralità e non parliamo delle cameriere perché avere un rapporto con loro non significava commettere un adulterio. Chi trascorreva la notte in quella locanda acquistava il diritto ai favori sessuali delle serve. Un’iscrizione dell’epoca ci riporta il dettaglio del conto dell’avventore: Un sesterzo di vino, un asse di pane, due assi di companatico ed otto assi per la ragazza.

Certi locali possedevano un retrobottega suddiviso con tramezzi di legno che si prestava all’impianto di un bordello.

SPETTACOLI E DIVERTIMENTI

Il teatro era l’unico grande edificio di Ostia usato come luogo di spettacoli, sorge tuttora in posizione centrale sulla via principale della cittadina. Si tratta di uno dei più antichi teatri in muratura dell’Italia Romana. La sua costruzione fu dovuta ad Agrippa, il potente genero di Augusto. Solo alla fine del II secolo Commodo fece ricostruire l’edificio in mattoni, portandolo alla capacità di 4.000 spettatori. L’aspetto attuale dell’edificio è la conseguenza di un pesante restauro per riadattarlo come sede di spettacoli estivi.

All’interno si affacciava un giro di taverne per rifocillare gli spettatori degli spettacoli diurni e notturni. Ora dopo il suo restauro, il teatro può ospitare fino a 2.700 persone.



Quali spettacoli si rappresentavano al teatro di Ostia? Spesso ricchi privati o politici offrivano uno spettacolo per farsi della pubblicità. Fin dalla prima età imperiale le rappresentazioni classiche di opere latine o greche avevano stancato il pubblico e la pantomima era abbastanza in voga, quasi sempre accompagnata da cori e strumenti. Tra le tragedie classiche si sceglievano quelle che potevano suscitare emozioni nel campo dell’orrore e dell’erotismo. Gli attori impersonavano tutte le parti comprese quelle femminili, erano mattatori assoluti dello spettacolo.

I pantomimi recitavano con una maschera, antico ricordo della tragedia greca. I vari soggetti erano realistici, ricchi di spunti satirici e spesso salaci. Secondo un’iscrizione si offriva anche qualche spettacolo gladiatorio classico ma anche con le fiere. Un racconto poco attendibile dell’epoca riporta il martirio subito dal cristiano Asterio, dato in pasto alle belve, ma potrebbe essere stato eseguito in un sito non lontano dalla città, dove approdavano le belve in attesa di essere spedite a Roma.

Non è stato trovato un sito per un circo, anche perché i circhi sono sempre provvisori. Forse furono disputate le corse dei cavalli, perché Ostia con la sua pianura si prestava a quel tipo di spettacolo, ma sicuramente tra i vari giochi la lotta era uno dei più seguiti come rappresentato in un disegno eseguito in mosaico in cui i lottatori si stanno prendendo a pugni.


LA CUCINA E LA GASTRONOMIA

I libri di cucina sembrano avere origini remote, ma uno dei più importanti era quello di Apicio. La sua opera è giunta a noi grazie a due manoscritti del IX secolo, ma anche Giovenale nelle sue satire riporta la descrizione delle famose Cene Romane. Cosi abbiamo saputo che nessun tipo di alimento veniva mangiato allo stato puro: carni, pesci e verdure vengono arricchiti con particolari salse che hanno il compito di cambiare completamente il gusto dell’alimento di base. Le ricette erano molto elaborate come quella della “Lepre alla Pegaso” o del “Pesce Salato” che invece del pesce era un paté di fegato posto in uno stampo a forma di pesce.

Il pranzo tipico romano in uso ad Ostia consisteva in un gran consumo di pesce, anche se il pescato dell’epoca era abbastanza scarso e si rivolgeva alle sogliole e ai gamberi. Il pesce più pregiato, quello in uso presso le mense ricche, era procurato dai pescatori che pescavano nelle acque lontane.


RILIEVO IN TERRACOTTA CON SCENA DI PARTO

Il tipico pranzo elaborato romano consisteva in tre portate: l’antipasto chiamato
“Gustum”, un secondo di carne, pesce o selvaggina la “Mensae primae”e la “Mensae secundae”che consisteva in frutta o dolci.

La cucina latina di Ostia non considerava solo pranzi elaborati e ricchi, ma anche piatti di semplice e veloce esecuzione, serviti nelle osterie o taverne. Come sempre la popolazione povera si arrangiava per potere sopravvivere, infatti durante le carestie le autorità delle città organizzavano la distribuzione gratis del pane, grano e cereali. Si faceva un gran consumo di vino che molto spesso era bevuto solo annacquato o mescolato con del miele ed aromi vari.

Quasi tutti i piatti erano conditi con la famosa salsa chiamata “Garum”, fatta con del pesce marinato, o con il “Liquamen”, preparato con le interiora dei pesci e lasciato macerare dopo essere stato salato. Queste salse che oggi per noi sembrano disgustose, erano molto apprezzate in quei tempi. Le più pregiate erano quelle preparate a Pompei ed a Ostia, anche per la vicinanza di quelle città con il mare. Altre salse erano preparate con del vino bollito e concentrato.
I formaggi erano per lo più delle ricotte fresche o stagionate per essiccamento.

Quasi tutte le informazioni che noi abbiamo sulla cucine ed i suoi accessori le dobbiamo grazie ai reperti ritrovati negli scavi della città. L’elemento meglio conservato era il focolare che consisteva in una piattaforma in muratura e non mancavano i dispositivi per le provviste di acqua, i treppiedi di ferro, le graticole e le casseruole. Oltre al carbone, venivano usati altri combustibili come la legna che serviva anche per affumicare le vivande da conservare. Tra i reperti spiccano i bollitori pregiati in bronzo ed altri in terracotta e stoviglie recuperate per lo più negli accampamenti militari.


Le pentole in bronzo che avevano il pregio di essere facilmente pulite con la sabbia ed il sale, erano troppo costose, cosi quelle in coccio erano state adoperate più spesso. Sono state ritrovate anche una piccola quantità di padelle in ferro e le stoviglie erano molto simili a quelle utilizzate oggi. I coltelli erano in ferro con dei manici di bronzo, di legno o di osso.

Si usavano molto i salumi, il paté di fegato, gli sformati di rose, i pasticci misti di carne e di pesce, il pollo e i pesci bolliti, arrosto o fritti. Ma le minestre di orzo e verdure erano preferite dalle classi meno abbienti e dai soldati. Per le carni oltre al solito capretto, i piccioni e palombi erano i più richiesti e più economici, il cinghiale e l’anatra erano riservati ai benestanti come lo erano anche l’aragosta, pescata al largo, il dentice e la murena. Le ottime e più economiche numerose sogliole erano alla portata di tutti come lo erano le sarde.

Per quello che riguarda le verdure si faceva un grande uso di cipolle, di carote, di fave, di lenticchie e di fagioli. Per i dolci le torte di mele cotogne, di pere e di crema all’uovo. Le pagnottelle al mosto erano servite anche nelle osterie.


Il DECLINO DI OSTIA ANTICA

La prima crisi di Ostia iniziò dopo la caduta degli ultimi Severi, quando l’impero attraversava una gravissima crisi dinastica, politica, economica e militare perché era economicamente insostenibile mantenere e difendere due porti e due centri di approvvigionamento, cosi il destino della città cambiò bruscamente. La parte essenziale del movimento portuale e commerciale fu trasferita al Porto, si costrui’una nuova cinta muraria e le vecchie mura furono abbandonate, cosi Ostia tornò alle origini, all’epoca del Castrum medio repubblicano.



Si ritiene che anche l’attività del porto sul Tevere sia stata drasticamente ridotta, la sua perdita d’importanza lasciò una parte dei cittadini di Ostia senza un lavoro con effetti negativi sul livello demografico. Molte botteghe e taverne furono chiuse, le istallazioni produttive andarono distrutte, come anche il grande panificio che andò a fuoco

L’ABBANDONO DI OSTIA

Nel periodo successivo al 420 Ostia andò incontro ad una seconda più grave e definitiva crisi, anche se non era stata toccata dall’invasione dei Visigoti che la risparmiarono, attaccando solo il suo Porto, con l’effetto di allentare i suoi legami con Roma.

Il braccio sinistro del Tevere era reso inaccessibile per l’insabbiamento, rendendo cosi la foce del fiume impraticabile. Dopo il 420 furono eseguiti labili tentativi di un restauro della città che aveva visto molti dei suoi quartieri subire l’abbandono degli abitanti. Più tardi la casa di Diana, fu invasa da casupole, le strade furono invase di cocciame e rifiuti. Gli ultimi abitanti per il timore delle razzie barbariche tornarono ad arroccarsi presso il Tevere sotto la protezione del Castrum, il leggendario ed originale nucleo di Ostia degli antichi tempi.


FACCIATE TOMBALI DELLA NECROPOLI DELL'ISOLA SACRA

Attorno al IX secolo, sotto le incalzanti scorrerie saracene, che determinarono anche la fine del Porto, il piccolo nucleo degli abitanti fu cacciato via presso le estreme propaggini dell’antica città. Ad Ostia si erano sviluppati i primi quartieri abitativi dei neo-cristiani. Verso l’anno 839 papa Gregorio IV tentò di fare un cittadella fortificata chiamandola “ Gregoriopoli”, ma a questo punto il nuovo insediamento non aveva più nulla a che fare con la città romana di Ostia che si avviava a riassumere quella funzione di postazione militare dei suoi inizi.

Intorno alla città regnava la malaria favorita dall’avanzamento della costa seguita dall’impaludamento dei terreni agricoli.

Più tardi, dopo il Medioevo gli operai iniziarono a sciogliere nelle fornaci i marmi antichi per ridurli in calce. Lo scempio andò avanti oltre il XII secolo, durante il quale Ostia era ormai conosciuta come Calcara, ossia luogo di produzione della calce, molto richiesta dai costruttori romani.

In seguito gli archeologi della città morta misero fine alla sua completa distruzione.



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Edited by ONIDINO - 28/9/2022, 00:06
 
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