METAL DETECTOR HOBBY

DATABASE MEDAGLIE RITRATTO PONTEFICI

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view post Posted on 10/10/2016, 20:58     +1   +1
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GURKHA

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Qui trovate l'elenco completo dei pontefici con gli anni di pontificato e il loro stemma quando noto. questo aiuterà a datare le vostre medaglie.

https://it.wikipedia.org/wiki/Armoriale_dei_papi

Per il resto con le stesse semplici regole del DATABASE GENERALE......CI SARANNO SPOSTATE SOLO LE DEVOZIONALI raffiguranti i PAPI...NON LE GIUBILARI CHE HANNO LA LORO CATEGORIA O QUELLE CON SANTI O MADONNE DI ALTRE CATEGORIE GIA DEFINITE...SOLO DEVOZIONALI NO COMMENTI


Papa Pio IX




Immacolata Concezione



Edited by cesira.66 - 26/1/2017, 15:15
 
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Pio IX - centenario Pietro e Paolo - Giugno 1867
(con errore di conio)

papaPioIX_lores_zpse7ffa9b1

part_firma_incisore_2_zpscf0b9ecc

Altezza: 37 mm

dritto:
Pius IX Pontifex Maximus - Roma

verso:
ricordo del centenario di S. Pietro e S. Paolo

firma incisore

più sotto la data con la particolarità dell'errore di conio: Guigno 1867


Provenienza: Valle Gesso, Cuneo
 
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view post Posted on 18/10/2016, 00:01     +1   +1
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JOANNES XXIII PONT. MAX.

busto a sx con berretto, mozzetta e stola




JOHN F. KENNEDY 1917 - 1963

busto di 3/4 a sx di JFK con giacca e cravatta

 
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Benedetto XV e San Giuseppe

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brüma
view post Posted on 23/10/2016, 16:18     +1   +1




Leone 13esimo.

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Edited by cesira.66 - 4/11/2016, 21:07

Attached Image: IMG-20161022-WA0006

IMG-20161022-WA0006

 
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brüma
view post Posted on 23/10/2016, 16:19     +1   +1




Apertura porta santa giubileo 1900.

Inviato tramite ForumFree Mobile

Attached Image: IMG-20161022-WA0004

IMG-20161022-WA0004

 
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view post Posted on 24/10/2016, 10:56     +1   +1
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Papa Giovanni XXIII -•- S. Cristoforo

Pio_XXIII_01

dritto:
Johannes XXIII • Pont. Maximus

verso:
St. Christopher • Protect Us

materiale: bronzo (un tempo argentata)
diametro: 32 mm
 
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view post Posted on 2/11/2016, 08:28     +1   +1
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tenent

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CITAZIONE (rabdomantico @ 24/10/2016, 10:56) 
Papa Giovanni XXIII -•- S. Cristoforo

Pio_XXIII_01

dritto:
Johannes XXIII • Pont. Maximus

verso:
St. Christopher • Protect Us

materiale: bronzo (un tempo argentata)
diametro: 32 mm

Aggiungo altra versione, sempre in bronzo
IMG_5560
 
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view post Posted on 22/11/2016, 15:49     +1   +1
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Papa Pio IX

Al fronte: Profilo di Papa Pio IX eletto Papa il 16 Giugno 1846
Al retro: Nato a Senigallia il 13 Maggio 1792 e morto a Roma il 7 Febbraio 1878
Diametro 30mm

IMG_3149

Papa Pio IX (in latino: Pius PP. IX, nato Giovanni Maria Mastai Ferretti; Senigallia, 13 maggio 1792 – Roma, 7 febbraio 1878) è stato il 255º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica e 163º e ultimo sovrano dello Stato Pontificio (1846-1870). Il suo pontificato, di 31 anni, 7 mesi e 23 giorni, rimane il più lungo della storia della Chiesa cattolica dopo quello di san Pietro. Fu terziario francescano ed è stato proclamato beato nel 2000.

Giovinezza
Nato il 13 maggio 1792 a Senigallia con il nome di Giovanni Maria Battista Pellegrino Isidoro Mastai Ferretti, fu il nono figlio di Girolamo (membro della nobile famiglia dei conti Mastai Ferretti) e Caterina Solazzi. Venne battezzato lo stesso giorno di nascita nel Duomo della città dallo zio canonico Angelo Mastai Ferretti. Ricevette la cresima il 9 giugno 1799 dal cardinale Bernardino Honorati, vescovo di Senigallia, e la prima comunione il 2 febbraio 1803. Compì gli studi classici nel celebre collegio dei Nobili di Volterra, diretto dai padri scolopi, dal 1803 al 1808; gli studi furono comunque sospesi per improvvisi e ripetuti attacchi epilettici, causati da un pregresso trauma cranico riportato in un gravissimo incidente in cui incorse cadendo in un torrente nell'ottobre 1797.

In quegli anni, fu spesso ospite a Mondolfo della sorella, andata in sposa a un rampollo della nobile famiglia Giraldi della Rovere, dilettandosi con buoni risultati nel gioco del pallone col bracciale assieme ad altri ragazzi del luogo. Nel 1812, la malattia gli ottenne l'esonero dalla chiamata di leva nelle Guardie d'onore del Regno. Dal 1814 fu ospite a Roma dello zio Paolino Mastai Ferretti, canonico di San Pietro, e qui proseguì gli studi di filosofia e di teologia nel Collegio Romano. Nel 1815 entrò a far parte della Guardia Nobile Pontificia ma, a causa del suo male, ne fu presto dimesso. Profondamente amareggiato, in quell'occasione conobbe un giovane Vincenzo Pallotti che lo consolò e gli vaticinò il pontificato. Lo stesso anno si recò in pellegrinaggio a Loreto dove incontrò Papa Pio VII il quale voleva ringraziare la Madonna per la propria liberazione da Napoleone. Quando il giovane Mastai Ferretti gli confidò la malattia che da anni lo assediava, il pontefice gli disse: "Crediamo che questo crudele male non vi tormenterà mai più"; in effetti, dopo tale visita col Papa, non ebbe più attacchi epilettici e attribuì la guarigione alla grazia ricevuta dalla Vergine di Loreto.

Dopo la caduta di Napoleone Bonaparte, tornò a Roma al seguito di Pio VII e frequentò l'Università romana. In questo periodo fu seminarista e si prodigò presso il "Tata Giovanni", un ospizio per i ragazzi abbandonati che ricevevano un'educazione, un'istruzione e imparavano un mestiere. Fu tra questi futuri falegnami, sarti, calzolai che cominciò il suo apostolato per i poveri che lo segnerà sempre nella sua vita.

Essendo guarito dalla malattia, poté continuare i suoi studi. Il 5 gennaio 1817 prese gli ordini minori, il 20 dicembre 1818 venne ordinato suddiacono e il 6 marzo 1819 diacono. Il 10 aprile 1819 fu ordinato sacerdote dal cardinale Fabrizio Sceberras Testaferrata, vescovo di Senigallia. Celebrò la prima messa il giorno dopo, giorno della Pasqua, nella chiesa del "Tata Giovanni", sant'Anna dei Falegnami, tra i suoi poveri. Si dedicò all'apostolato nella sua città natale e contemporaneamente fu direttore del "Tata Giovanni", a Roma.

Dichiarò di non volere cariche ecclesiastiche e professò nel terzo ordine francescano, nella chiesa romana di San Bonaventura al Palatino dove si ritirava a pregare. All'interno una lapide in marmo ricorda la professione del futuro Pontefice.

Dal luglio 1823 al giugno 1825 fece parte, per volere di Pio VII, del corpo diplomatico del Cile, guidato dal delegato monsignor Giovanni Muzi. Qui però la delegazione si trovò di fronte a un duro governo anticlericale e fu costretta a tornare a Roma. Durante il soggiorno in Cile si prodigò per gli ammalati e per amministrare i sacramenti. Diede conforto e aiuto a un ufficiale inglese protestante, gravemente malato. Nel 1825 fu richiamato in Italia, e si fermò per alcuni mesi a Senigallia. Poi papa Leone XII gli conferì l'incarico di dirigere l'ospizio di San Michele a Ripa, dove si accudivano anziani, ex-meretrici, e giovani abbandonati.

Arcivescovo di Spoleto
Nonostante il suo proposito di non volere cariche, fu comunque nominato dal papa nel 1827, a soli 35 anni di età, arcivescovo di Spoleto. Fu consacrato il 3 giugno dal cardinale Castiglioni, futuro papa Pio VIII nella chiesa romana di San Pietro in Vincoli. A Spoleto applicò l'esperienza del "Tata Giovanni" fondando anche in questa città un istituto analogo. Mostrò rigore per la disciplina religiosa e molta carità per i poveri, arrivando a impegnare i propri mobili per aiutare i più bisognosi. Durante l'insurrezione del 1831 fu nominato delegato straordinario di Spoleto e Rieti, e con un'abile mediazione salvò la città da un inutile spargimento di sangue. Convinse i generali pontifici a non aprire il fuoco e ai rivoltosi concesse, alla deposizione delle armi, soldi e passaporti. Tale atteggiamento di moderazione contribuì, al momento della sua elezione a papa, a far pensare ai patrioti italiani che fosse uomo di idee liberali e aperto alla causa nazionale.

In tale periodo salvò la vita a Napoleone III che stava per essere fatto prigioniero dagli austriaci proprio a Spoleto. Il 13 gennaio 1832 la città di Spoleto subì un grave terremoto. Essendo vescovo diresse subito gli aiuti, organizzando un piano specifico e andando di persona sui luoghi del disastro. Da allora si impegnò per la ricostruzione nel più breve tempo possibile, prima del sopraggiungere dell'inverno, ottenendo fondi dal papa Gregorio XVI.

Vescovo di Imola e cardinale
In considerazione dei successi in Umbria nel 1832, Papa Gregorio XVI lo inviò nella sanguigna e rivoltosa Romagna, nominandolo vescovo di Imola. Il futuro pontefice si dedicò a questo nuovo magistero con particolare impegno, tanto che la sua opera fu premiata alcuni anni più tardi, quando all'età di soli quarantotto anni fu creato cardinale - sempre da Gregorio XVI - nel concistoro del 14 dicembre 1840.

Il conclave del 1846
Il conclave del 1846, che seguì la morte di papa Gregorio XVI, si svolse in un periodo molto turbolento per la storia della penisola italiana. Per questo motivo molti cardinali stranieri decisero di non partecipare al conclave. Soltanto 46 dei 62 cardinali erano infatti presenti. Il cardinal Mastai Ferretti era considerato un liberale, in specie per avere sostenuto vari cambiamenti amministrativi negli anni passati alla guida delle diocesi di Spoleto e di Imola.

I cardinali si separarono subito nella fazione conservatrice, che supportava il cardinale Luigi Lambruschini (segretario di Stato del precedente pontefice), e in quella progressista, che supportava due candidati: il cardinale Tommaso Pasquale Gizzi e il cinquantaquattrenne cardinale Ferretti. Al primo scrutinio i voti si divisero egualmente fra i diversi candidati, ma a quel punto i favoriti Lambruschini e Gizzi sembravano fuori gioco. Il 16 giugno, secondo giorno di conclave, Mastai Ferretti fu eletto al soglio pontificio assumendo il nome di Pio IX: scelse questo nome in onore a papa Pio VII che aveva incoraggiato la sua vocazione al sacerdozio.

In ogni caso il nuovo papa era assai inesperto in questioni diplomatiche. Per questo motivo l'Impero austriaco aveva mandato a Roma l'arcivescovo di Milano, il cardinal Gaisruck, per porre il veto all'elezione di Mastai Ferretti, ma egli arrivò troppo tardi: Ferretti era già stato acclamato papa. Pio IX fu incoronato il 21 giugno e scelse subito il cardinale Tommaso Pasquale Gizzi, nativo di Ceccano, come Segretario di Stato. L'Europa liberale applaudì alla sua elezione.

Pontificato
Il primissimo provvedimento che prese, appena un mese dopo la sua elezione (16 luglio 1846), fu la concessione dell'amnistia per i reati politici. Il provvedimento concedeva a 400 carcerati di uscire di prigione e a 400 esiliati politici di tornare in Patria.

Nei primi anni di pontificato governò lo Stato Pontificio con una progressiva apertura alle richieste liberali della popolazione. Fu l'epoca delle grandi riforme dello Stato Pontificio: la Consulta di Stato (istituita il 19 aprile 1847), la libertà agli ebrei, la libertà di circolazione dei giornali, l'istituzione di nuove casse di risparmio (Cassa di Risparmio di Civitavecchia), unita a una moderazione della censura preventiva, l'inizio delle ferrovie e la costituzione del Municipio di Roma. Promosse inoltre la costituzione di una Lega doganale tra gli Stati italiani preunitari, che rappresentò il più importante tentativo politico-diplomatico dell'epoca volto a realizzare l'unità d'Italia per vie federali. L'istituzione della Guardia civica, il 5 luglio, provocò le dimissioni del Segretario di Stato, Tommaso Pasquale Gizzi, che si era dimostrato contrario al provvedimento.

I moti del 1848
Il 14 marzo 1848, a seguito dei moti rivoluzionari che avevano investito fin dall'inizio dell'anno tutta l'Europa[, Papa Pio IX concesse la costituzione (Statuto Fondamentale pel Governo Temporale degli Stati della Chiesa), seguendo l'esempio del sovrano delle Due Sicilie. Lo Statuto istituiva due Camere legislative e apriva le istituzioni (sia legislative sia esecutive) ai laici.

Alla fine dello stesso mese, in occasione delle Cinque giornate di Milano giunsero al pontefice forti pressioni per seguire l'esempio del Granduca di Toscana e del Re di Napoli, che avevano inviato proprie truppe al fronte. Pio IX permise soltanto la costituzione di un esercito di volontari, con la sola missione di proteggere i confini dello Stato con il Regno Lombardo-Veneto (Austria). Furono formati due corpi: uno, di soldati regolari, comandato dal generale Giovanni Durando (1804-1869) fratello del generale Giacomo Durando, l'altro di volontari, comandato dal generale Andrea Ferrari. Lo Stato Pontificio si trovò di fatto impegnato in una guerra contro l'Austria, potenza cattolica, per l'indipendenza italiana. Il 17 aprile fu convocato una commissione di cardinali per discutere della situazione. La commissione persuase il Papa a ritirare il proprio appoggio alla coalizione. Il 29 aprile 1848 Pio IX, con l'Allocuzione Non semel al Concistoro dei cardinali mise in evidenza la particolare posizione del Papa che, come capo della Chiesa universale e allo stesso tempo capo di uno Stato italiano, non poteva mettersi in guerra contro un regno cattolico: "Fedeli agli obblighi del nostro supremo apostolato, Noi abbracciamo tutti i Paesi, tutte le genti e Nazioni in un istintivo sentimento di paterno affetto".

Abbandono di Roma (1848-49)
Le prime avvisaglie di un tentativo di rovesciamento politico avvennero il 15 novembre 1848 quando fu ucciso il capo del governo, Pellegrino Rossi. Successivamente i rivoluzionari, guidati da Angelo Brunetti (detto Ciceruacchio) pretesero di dettare condizioni per la formazione del nuovo governo. Pio IX, non volendo scendere a patti con essi, ma avendo capito che un'azione repressiva avrebbe potuto innescare una guerra civile, decise di lasciare Roma.

Il 24 novembre 1848 il pontefice partì nottetempo, vestito da semplice sacerdote, con destinazione Gaeta, nel territorio del Regno delle Due Sicilie. Invitato da Luigi Napoleone, a quel tempo presidente della Francia, a trasferirsi nella sua nazione, preferì rimanere in territorio italiano. Rese note le sue ragioni con una Lettera aperta ai sudditi e a tutti gli uomini di buona volontà, in cui affermò:
« Le violenze usate contro di Noi negli scorsi giorni, e la manifestante volontà di prorompere in altre [...], Ci hanno costretto a separarci temporaneamente dai Nostri sudditi e figli, che abbiamo sempre amati e amiamo. Fra le cause che Ci hanno indotto a questo passo (Dio sa quanto doloroso è al Nostro cuore) una di grandissima importanza è quella di avere la piena libertà nell'esercizio della suprema potestà della Santa Sede, quale esercizio potrebbe dubitare l'Orbe cattolico che nelle attuali circostanze ci venisse impedito. [...] Intanto avendo a cuore di non lasciare acefalo in Roma il governo del Nostro Stato, nominiamo una Commissione Governativa [...] [e] nell'affidare alla detta Commissione Governativa la direzione temporanea degli affari pubblici, raccomandiamo a tutti i Nostri sudditi e figli la calma e la conservazione dell'Ordine. »

Durante la permanenza nel Regno delle Due Sicilie, il Papa sperimentò per la prima volta un viaggio in treno sulla linea Napoli-Nocera (8 settembre 1849) e visitò le officine ferroviarie di Pietrarsa il 23 settembre 1849.

La Repubblica Romana, diretta dal triumvirato composto da Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini, pur nella sua breve vita riuscì a emanare una costituzione, che riservava comunque ampie garanzie al Pontefice. Pio IX si appellò alle potenze straniere affinché gli fosse restituito il potere temporale. Rispose la Francia repubblicana del Bonaparte: fu inviato un corpo di spedizione di 7.000 soldati al comando del generale Oudinot. Il 30 aprile 1849 i francesi furono sconfitti da Garibaldi nella battaglia di Porta Cavalleggeri, ma grazie ai copiosi rinforzi che nel frattempo avevano ricevuto, i francesi, nonostante la resistenza che incontrarono, riuscirono a far breccia nelle mura del Gianicolo e a conquistare Roma il 30 giugno 1849 dove fecero ingresso il 3 luglio. Il papa programmò un lento rientro a Roma. Soggiornò a Portici dal 7 settembre fino al 4 aprile 1850. Poi si mise in viaggio, toccando varie località dello Stato per otto giorni. Fece il suo ingresso nell'Urbe il 12 aprile 1850. Acclamato dalla folla, si diresse in Vaticano, scelto come sua nuova residenza in luogo del Quirinale.

Il ritorno a Roma
Gli anni che seguirono al suo ritorno a Roma furono anni in cui continuò la politica riformista già attuata nei primi due anni di pontificato: il 14 agosto 1850 con una legge unica nell'Europa dell'epoca stabilì disposizioni per tutto lo Stato Pontificio per la tutela e formazione dei sordomuti, mentre il 12 settembre 1850 con un motu proprio riordinò il Consiglio di Stato (che nello Statuto compariva come organo meramente tecnico), istituì una nuova Consulta delle Finanze (dopo la Consulta di Stato creata nel 1847) ed elargì una nuova e più ampia amnistia.

L'8 dicembre 1854 proclamò il dogma dell'Immacolata concezione con la bolla Ineffabilis Deus, tradotta in 400 lingue e dialetti.

Per quanto riguarda le opere pubbliche, il 9 dicembre 1854 consacrò la Basilica di San Paolo fuori le mura, ricostruita dopo l'incendio del 15 luglio 1823 e il 3 aprile 1856 approvò il piano delle ferrovie nello Stato Pontificio, la cui prima linea, la Roma-Frascati (20 km), venne aperta al pubblico il 14 luglio 1856, seguita dalla più importante Roma-Civitavecchia (80 km) che verrà aperta al pubblico il 16 aprile 1859.

Nello stesso periodo fu notevole il suo impegno contro il processo di secolarizzazione in corso nella società del suo tempo. Pio IX firmò trattati bilaterali (concordati) con numerosi stati europei: Russia (1847), Regno di Spagna (1851), Granducato di Baden (1853), Impero austriaco (Concordato del 1855), Regno del Portogallo (1857), Regno di Württemberg (1857).

La campagna piemontese del 1860 e l'unità d'Italia
Pio IX si trovò a gestire il momento storico della nascita anche in Italia di un moderno stato nazionale unitario. Entro i confini dello Stato della Chiesa le prime città a manifestare l'insofferenza al dominio papale furono in particolare quelle delle antiche Legazioni di Bologna, Ferrara, Forlì, Ravenna. In Romagna, Pio IX compì l'ultima visita di un Papa-Re nel 1857: in tale occasione, anzi, Pio IX donò alla Cattedrale di Forlì un nuovo altare, tuttora in uso.

Numerose negli anni furono le insurrezioni, sempre represse anche grazie agli austriaci, sino al 1859, anno dell'annessione della Romagna al Regno di Sardegna. Stimolata dall'esempio, insorse anche Perugia che il 14 giugno 1859 instaurò un governo provvisorio. Il legato pontificio se ne tornò a Roma e lo Stato della Chiesa reagì in maniera dura, ordinando la repressione dei moti e inviando duemila mercenari svizzeri comandati dal colonnello Schmidt. Il segretario di stato di Pio IX, il cardinale Antonelli, autorizzò per mezzo del proministro alle Armi Luigi Mazio la repressione e il saccheggio della città da parte delle truppe svizzere inviate per riportare Perugia sotto il controllo della Chiesa: il 20 giugno 1859 questi entrarono in città e fecero strage dei rivoltosi, senza risparmiare donne o bambini. L'evento passò alla storia come le "stragi di Perugia". I viaggiatori stranieri presenti in città, rapinati, provvidero ad avvertire del grave accaduto la stampa internazionale, avvalorando ancor più agli occhi dei cittadini europei e statunitensi la causa dell'unità italiana. In seguito alla riconquista di Perugia, papa Pio IX, in considerazione del successo, promosse il colonnello Schmidt a generale di brigata.

Il 18 settembre 1860, in seguito alla battaglia di Castelfidardo, le truppe piemontesi sconfissero le truppe svizzere conquistando le Marche e l'Umbria, che poi furono annesse al Regno di Sardegna a seguito di un plebiscito. Il territorio posseduto dalla Chiesa fu ridotto al solo Lazio. Vittorio Emanuele II si era impegnato con l'imperatore francese a non attaccare Roma, che non fu coinvolta nella campagna del 1860.

Gli anni sessanta
Il 17 marzo 1861 venne proclamato a Torino il Regno d'Italia. Il giorno seguente, Pio IX espresse in un'Allocuzione ufficiale una tempestiva risposta a Vittorio Emanuele: ”Da lungo tempo si chiede al Sommo Pontefice che si riconcilii con il progresso e con la moderna civiltà. Ma come mai potrà avvenire un simile accordo, quando questa moderna civiltà è madre e propagatrice di infiniti errori e di massime opposte alla fede cattolica?” Nasceva la Questione romana.

Nel 1864 Pio IX fece arrestare il brigante Carmine Crocco, allorché egli, dopo essere stato sconfitto dalle truppe sabaude, era fuggito a Roma per incontrarlo, confidando erroneamente in un sostegno della Santa Sede, in virtù del suo legittimismo borbonico, in chiave antisabauda.

L'8 dicembre 1864 papa Pio IX pubblicò l'enciclica Quanta cura e il Sillabo, una raccolta di ottanta proposizioni considerate dal Papa stesso, divise in dieci rubriche. Il 2 maggio 1868 approvò la Società della Gioventù Cattolica italiana, fondata da Mario Fani e Giovanni Acquaderni il 29 giugno 1867.

L'11 aprile 1869 furono organizzate solenni celebrazioni in tutto il mondo cattolico per il suo giubileo sacerdotale e il 7 dicembre 1869 aprì il Concilio Vaticano I. Mentre il potere temporale era in crisi, a pochi mesi dalla breccia di Porta Pia, Pio IX si preoccupò di rinvigorire il potere spirituale. Il Concilio Vaticano I portò alla formulazione del dogma dell'infallibilità del Pontefice, chiaramente espresso nella costituzione dogmatica Pastor Aeternus. Questo portò allo scisma tra la Chiesa cattolica e i vetero-cattolici. Il tedesco Joseph Hubert Reinkens si fece eleggere primo "vescovo cattolico dei vetero-cattolici". Il Concilio proseguì fino al 18 luglio 1870 quando venne sospeso a causa della guerra franco-prussiana.

La presa di Roma
Lo scontro con il neo costituito Regno d'Italia giunse all'apice quando nel 1870, alla caduta di Napoleone III, le truppe dei Savoia entrarono a Roma attraverso la breccia di Porta Pia, ponendo fine alla sovranità temporale dei Papi, usurpando quindi la loro podestà su Roma. Il re Vittorio Emanuele II, dopo la battaglia di Sedan che aveva segnato la sconfitta di Napoleone III imperatore dei francesi e protettore del potere temporale papale, inviò il 7 settembre 1870 una lettera a tutte le potenze europee nella quale si esponevano i motivi della futura presa di Roma, ribadendo però le garanzie e le tutele alla persona del Sommo Pontefice. Inviò tra l'altro il conte Ponza di San Martino, che giunse a Roma il 9 settembre, a sondare gli animi: costui prima parlò con il cardinale Antonelli, Segretario di Stato e poi con Pio IX. Entrambi ribadirono la posizione di non accettazione dell'inclusione dei territori della Santa Sede nel neonato Regno d'Italia. Alle profferte dell'emissario del re il pontefice rispose:

« Maestà,

Il conte Ponza di San Martino mi ha consegnato una lettera, che a V.M. piacque dirigermi; ma essa non è degna di un figlio affettuoso che si vanta di professare la fede cattolica, e si gloria di regia lealtà. Io non entrerò nei particolari della lettera, per non rinnovellare il dolore che una prima scorsa mi ha cagionato. Io benedico Iddio, il quale ha sofferto che V.M. empia di amarezza l'ultimo periodo della mia vita. Quanto al resto, io non posso ammettere le domande espresse nella sua lettera, né aderire ai principii che contiene. Faccio di nuovo ricorso a Dio, e pongo nelle mani di Lui la mia causa, che è interamente la Sua. Lo prego a concedere abbondanti grazie a V.M. per liberarla da ogni pericolo, renderla partecipe delle misericordie onde Ella ha bisogno. »
(11 settembre 1870)


A metà settembre del 1870 due divisioni dell'esercito italiano, al comando di Raffaele Cadorna, entrarono nel Lazio e il 18 settembre giunsero sotto le mura Aureliane. Vista la disparità delle forze in campo e considerata l'inutilità di uno scontro armato, il pontefice ordinò agli zuavi pontifici un'opposizione solo formale allo scopo di evitare spargimenti di sangue e di rendere comunque evidente la violenza subìta, con il proposito «di aprire trattative per la resa ai primi colpi di cannone». Il 20 settembre Roma fu attaccata e occupata. Alla fine degli scontri si contarono 49 caduti tra l'esercito sabaudo e 19 tra i pontifici.

Il Papa si ritirò nel Vaticano rifiutando di riconoscere il nuovo Stato e dichiarandosi prigioniero politico. Questa situazione, indicata come Questione romana, perdurò fino ai Patti Lateranensi del 1929 sottoscritti in accordo col governo fascista.

Conseguentemente Pio IX, in data 10 settembre 1874, promulgò il famoso non expedit con il quale veniva palesemente sconsigliata la partecipazione di ecclesiastici e cattolici alla vita politica del neo Stato italiano, nato da un violento atto contro lo Stato della Chiesa.

Il 13 maggio 1871 fu promulgata la Legge delle Guarentigie, con la quale lo Stato italiano stabiliva unilateralmente i diritti e i doveri dell'autorità papale. Il 21 agosto 1871 Pio IX scrisse a re Vittorio Emanuele II esprimendo le ragioni per cui non poteva accettare la legge. Fino alla sua morte il Papa continuò a definirsi «prigioniero dello Stato italiano».

La morte e la traslazione della salma
Papa Pio IX morì a Roma il 7 febbraio 1878 dopo aver ripetuto più volte Parti o anima cristiana baciando il crocifisso e l'immagine della Madonna. Fu sepolto in Vaticano.

Nel proprio testamento, il pontefice aveva designato come luogo definitivo di sepoltura la basilica di San Lorenzo al Verano. Nel luglio del 1881 avvenne la traslazione della salma. Fu organizzata una cerimonia pubblica, che cominciò alla mezzanotte tra il 12 e il 13 luglio, secondo l'uso dell'epoca. Ad accompagnare la salma del pontefice lungo le strade si accalcarono migliaia di cittadini. Numerosi elementi anticlericali prepararono manifestazioni di protesta. Nonostante fossero prevedibili scontri, non fu organizzato un visibile dispiegamento di polizia. Il governo italiano era restio a organizzare un servizio di sicurezza adeguato per, così si argomentava, non creare l'impressione di un omaggio a una figura che aveva ritardato l'Unità d'Italia. D'altro canto gli ambienti ecclesiastici non vollero utilizzare le forze di sicurezza vaticane perché sarebbe stato un implicito riconoscimento della legge delle Guarentigie che le aveva istituite.

La cerimonia fu interrotta da un gruppo di anticlericali che tentarono di impossessarsi del feretro, al grido di «al fiume il papa porco», attaccando il corteo funebre con sassi e bastoni nell'evidente intento di gettare la salma di Pio IX nel Tevere. I fedeli, tranne pochi animosi, rimasero sostanzialmente passivi. Solo la pronta reazione della polizia evitò gravi incidenti; furono richiamati rinforzi provenienti dall'esercito (ai militari, infatti, era stato imposto di restare consegnati in caserma in via precauzionale). Solo dopo alcune ore il corteo funebre poté riprendere la processione sino a San Lorenzo in una situazione di relativa tranquillità.

L'episodio ebbe risonanza internazionale: l'Italia apparve come un paese in cui era possibile attaccare una persona anche oltraggiandone le spoglie mortali. Vi furono conseguenze politiche: il prefetto di Roma venne rimosso dall'incarico e il governo Depretis dovette rispondere a numerose interrogazioni parlamentari sulla vicenda. Il ministero degli Esteri inviò una lettera circolare alle monarchie europee per spiegare l'origine degli scontri.

Vita privata
Pio IX, nonostante fosse il Pontefice, amava definirsi un "parroco di campagna". La sua vita privata infatti si svolgeva come quella di un semplice sacerdote. Si alzava alle sei del mattino, per un'ora rimaneva nella sua camera in preghiera su un inginocchiatoio di fronte a un crocifisso. Celebrava la Messa e poi assisteva a un'altra di ringraziamento, durante la quale recitava le ore canoniche e le preghiere di pietà con un libretto appartenuto alla madre. Dai tempi del Collegio degli Scolopi amava pregare recitando la "corona delle Dodici Stelle", una preghiera composta da san Giuseppe Calasanzio in cui ci si rivolge a Maria preservata dal peccato originale.

Dopo le preghiere si dedicava alle udienze concesse sia agli uomini importanti sia ai semplici fedeli. Ogni giovedì riceveva, inoltre, petizioni da chiunque e ogni 14 del mese riceveva tutti in pubblica udienza. Alle due terminava le udienze e si recava a pranzo. Non voleva che si consumassero più di uno scudo romano al giorno per i suoi pasti. Dopo pranzo amava fare passeggiate o andare in carrozza per la città.

Tornato in Quirinale scriveva e poi recitava il Vespro. Dopo la cena riceveva il suo confessore e si ritirava nella cappella privata a pregare dinanzi al tabernacolo. Ricordava spesso l'importanza di pregare Gesù Eucaristico, al quale si poteva confidare tutto.

Al marchese Cavalletti che intendeva offrirgli una sedia pontificale dorata e gli proponeva il titolo di papa Pio Magno, il Papa l'8 agosto 1871 rispose di impiegare il denaro per la cattedra per il riscatto dei seminaristi dal servizio militare e declinò con umiltà il titolo onorifico, perché tutti gli onori fossero riservati al Signore.

Si narra che avesse una devozione per la medaglia miracolosa e che usasse tenerla sempre con sé.

Gli insegnamenti e il magistero
- Fu anzitutto uomo di Dio e di preghiera. Egli stesso fra i suoi propositi di sacerdote appena consacrato mise: «Pregare Iddio moltissimo onde insegni la scienza delle sue strade per adempiere alla sua volontà». Amava stare tra la gente ed elargì numerose elemosine, promosse iniziative benefiche, come la fondazione di asili, di ricoveri per anziani, poveri e indigenti. Uomo di pietà, che elesse patrono della Chiesa universale, l'8 dicembre 1867, san Giuseppe, visto come il capo della rinnovata Sacra Famiglia formata da tutti i figli e tutte le figlie della Chiesa.
- Fu anche un Papa che si prodigò moltissimo per la riforma del clero con una capillare azione pastorale. Con l'aiuto dei vescovi diocesani, fece molto e con successo per ristabilire la gerarchia cattolica e seppe suscitare una nascita senza precedenti di società e associazioni sacerdotali per aiutare e sostenere la vita spirituale e lo zelo pastorale.
- Sentì anche l'urgenza di rinnovare la vita religiosa, con la ripresa degli Ordini e delle Congregazioni religiose, che con lui conoscono uno sviluppo senza precedenti. Fondò numerosi istituti maschili e femminili dedicati soprattutto all'apostolato presso i poveri, all'insegnamento e le missioni. Dai Salesiani di don Bosco ai Missionari di Scheut del padre Verbist, dai padri Bianchi alle suore Bianche del cardinale Lavigerie, dai padri di Mill Hill del cardinale Vaughan ai comboniani di Verona. Pio IX affermò: «Nelle Corporazioni Religiose la Chiesa trova aiuto, appoggio e sostegno in ogni maniera. In esse la Chiesa trova missionari da spingere nei più lontani e selvaggi punti del globo, predicatori per annunziare la divina parola, amministratori dei sacramenti».
- Incoraggiò una fecondissima stagione missionaria con un'azione evangelizzatrice della Chiesa veramente senza precedenti. Missionari si recarono in ogni parte del mondo dall'America all'Asia, dall'Africa all'Australia. Dal 1846 al 1878 furono erette 206 nuove diocesi e vicariati apostolici.
- Incoraggiò il ritorno degli scismatici alla Chiesa, erigendo nel 1862 una Congregazione per i cattolici orientali e lanciando i suoi appelli alle Chiese di oriente e di occidente separate da Roma.
- Svolse un ruolo fondamentale nella storia della Chiesa e della teologia: la promulgazione del dogma dell'Immacolata Concezione e il Concilio Vaticano I sono eventi di enorme portata per la storia della Chiesa.

La costituzione Pastor Aeternus e il dogma dell'infallibilità pontificia sono considerati, dalla Chiesa, l'architrave della moderna costruzione ecclesiologica.

Il suo atteggiamento verso le conquiste della tecnica fu benevolo, tanto che nel 1865 papa Pio IX approvò formule di benedizione per il telegrafo e le ferrovie.

Governo della Chiesa universale
Durante il suo pontificato, Pio IX eresse 206 nuove diocesi e vicariati apostolici.
Ricostituì il Patriarcato Latino di Gerusalemme con giurisdizione sopra la diocesi unita di Palestina, Giordania e Cipro (23 luglio 1847). Il pontefice restaurò la gerarchia cattolica in Inghilterra (1850, Bolla Universalis Ecclesiae). Nominò Nicholas Wiseman arcivescovo di Westminster. Il pontefice ristabilì la normale gerarchia anche nei Paesi Bassi (1853).

Beati e canonizzati
Numerose furono le beatificazioni (222) e canonizzazioni (52) sotto il pontificato di Pio IX. Un primo elenco include, nel 1867, San Paolo della Croce (beatificato nel 1853) e lo spagnolo Pietro d'Arbués (beatificato da Alessandro VII nel 1662). Pio inoltre nel 1862 canonizzò i ventisei cristiani giapponesi martirizzati nel 1597 e beatificati da Urbano VIII nel 1627, tra cui Paolo Miki.

Pio IX inoltre proclamò San Giuseppe «patrono della Chiesa universale» e conferì il titolo di dottore della Chiesa a Sant'Ilario di Poitiers, San Francesco di Sales e Sant'Alfonso Maria de' Liguori.

 
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Papa Pio XI - 75o Anniversario dell'apparizione della Madonna di Lourdes

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Papa Pio XI (in latino: Pius PP. XI, nato Achille Ambrogio Damiano Ratti; Desio, 31 maggio 1857 – Città del Vaticano, 10 febbraio 1939) è stato il 259º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica dal 1922 alla sua morte. Dal 1929 fu il 1º sovrano del nuovo Stato della Città del Vaticano.

Biografia
Nato il 31 maggio 1857, a Desio, nella casa che attualmente è sede del Museo Casa Natale Pio XI e del "Centro Internazionale di Studi e Documentazione Pio XI" (al civico 4 di via Pio XI, all'epoca via Lampugnani). Quarto di cinque figli, viene battezzato il giorno dopo la nascita, nella prepositurale dei Santi Siro e Materno col nome di Achille Ambrogio Damiano Ratti (il nome Ambrogio in onore del nonno paterno, suo padrino di battesimo). Il padre Francesco fu attivo - con non molto successo come attestato dai continui trasferimenti - quale direttore in vari stabilimenti per la lavorazione della seta, mentre la madre Teresa Galli, originaria di Saronno, era la figlia di un albergatore. Avviato alla carriera ecclesiastica dall'esempio dello zio Don Damiano Ratti, Achille studiò a partire dal 1867 nel seminario di Seveso, poi in quello di Monza, attualmente sede del Liceo Ginnasio Bartolomeo Zucchi. Si prepara per la maturità presso il Collegio San Carlo e supera gli esami presso il Liceo Parini. Dal 1874 fece parte dell'ordine terziario francescano. Nel 1875 inizia gli studi teologici; i primi tre anni nel Seminario Maggiore di Milano e l'ultimo nel Seminario di Seveso. Nel 1879 è a Roma presso il Collegio Lombardo. Fu ordinato sacerdote il 20 dicembre 1879 a Roma dal cardinale Raffaele Monaco La Valletta.

Studi
Frequentò assiduamente biblioteche e archivi, in Italia e all'estero. Fu dottore della Biblioteca Ambrosiana e dall'8 marzo 1907 prefetto della stessa biblioteca.

Intraprese studi di vasta portata: gli Acta Ecclesiae Mediolanensis, la collezione completa degli atti dell'arcidiocesi di Milano, di cui pubblicò i volumi II, III e IV rispettivamente nel 1890, nel 1892 e nel 1897 e il Liber diurnus Romanorum Pontificum, una collezione di formule utilizzate nei documenti ecclesiastici. Scoprì anche la biografia più antica di sant'Agnese di Boemia e per studio soggiornò a Praga, e a Savona, casualmente, scoprì gli atti di un concilio provinciale milanese del 1311, di cui si era persa memoria.

Ratti fu uomo di vasta erudizione, ottenne infatti tre lauree nei suoi anni di studio romani: in filosofia all'Accademia di San Tommaso d'Aquino di Roma, in diritto canonico alla Università Gregoriana e teologia all'Università La Sapienza. Aveva inoltre una forte passione sia per gli studi letterari, dove preferiva Dante e Manzoni, sia per gli studi scientifici, tanto che era stato in dubbio se intraprendere lo studio della matematica; a tal proposito fu grande amico e, per un certo periodo collaboratore di don Giuseppe Mercalli, noto geologo e creatore dell'omonima scala dei terremoti, che aveva conosciuto come insegnante nel seminario di Milano.

Educatore
Ratti fu anche un valido educatore, non solo nell'ambito scolastico. Dal 1878 fu professore di matematica al seminario minore.

Mons. Ratti, che aveva studiato l'ebraico al corso del seminario arcivescovile e aveva approfondito gli studi con il rabbino capo di Milano Alessandro Da Fano, divenne docente di ebraico in seminario nel 1907 e mantenne l'incarico per tre anni. Come docente portava i suoi allievi nella Sinagoga di Milano, affinché familiarizzassero con l'ebraico orale, iniziativa ardita che era inusuale nei seminari.

Come cappellano del Cenacolo di Milano, una comunità religiosa dedita all'educazione delle ragazze (incarico tenuto dal 1892 al 1914), ebbe modo di esercitare un'attività pastorale ed educativa molto efficace, entrando in contatto con fanciulle e ragazze di ogni stato e condizione, ma soprattutto con la buona società milanese: i Gonzaga, i Castiglione, i Borromeo, i Della Somaglia, i Belgioioso, i Greppi, i Thaon di Revel, gli Jacini, gli Osio, i Gallarati Scotti.

Questo ambiente era attraversato da opinioni diverse: alcune famiglie erano più vicine alla monarchia e al cattolicesimo liberale, altre erano intransigenti, in linea con l'Osservatore Cattolico di don Davide Albertario. Pur non manifestando un'esplicita simpatia per nessuna delle due correnti, il giovane don Ratti ebbe rapporti assai stretti con i Gallarati Scotti, che erano intransigenti; fu catechista e precettore del giovane Tommaso Gallarati Scotti, figlio di Gian Carlo, principe di Molfetta, e di Maria Luisa Melzi d'Eril, che in seguito diventerà un noto diplomatico e scrittore.

Le tensioni tra cattolici liberali e intransigenti erano comuni nell'ambiente cattolico dell'epoca, basti ricordare che Achille Ratti aveva ricevuto la tonsura e il diaconato dall'arcivescovo Luigi Nazari di Calabiana, il protagonista della crisi che porta il suo nome. Fra i suoi educatori ebbe don Francesco Sala, che teneva il corso di teologia dogmatica sulla base di un rigoroso tomismo e don Ernesto Fontana, che insegnava teologia morale con posizioni antirosminiane. In questo ambiente don Ratti sviluppò una tendenza antiliberale, che espresse ad esempio nel 1891 in occasione di una conversazione informale con il cardinal Gruscha, arcivescovo di Vienna: «Il vostro paese ha la fortuna di non essere dominato da un liberalismo anticlericale, né da uno Stato che cerca di legare la Chiesa con catene di ferro».

Dopo il 1904 Tommaso Gallarati Scotti divenne rappresentante del modernismo, la dottrina secondo cui sarebbe necessario un «adattamento del Vangelo alla condizione mutevole dell'umanità» e nel 1907 fondò la rivista Il Rinnovamento. Mentre papa Pio X pubblicava l'enciclica Pascendi che condannava il modernismo, mons. Ratti cercava di mettere in guardia l'amico, fungendo da mediatore e correndo il rischio di attirarsi i sospetti degli antimodernisti intransigenti. Tommaso Gallarati Scotti aveva già deciso di dimettersi dalla rivista, quando fu colpito dalla scomunica. La Santa Sede indagò sulla responsabilità dell'arcivescovo Andrea Carlo Ferrari in merito alla diffusione delle idee moderniste nella sua arcidiocesi e mons. Ratti lo dovette difendere davanti al papa e al cardinale Gaetano De Lai.

Alpinista
Ratti fu pure un appassionato alpinista: scalò diverse vette delle Alpi e fu il primo - il 31 luglio 1889 - a raggiungere la cima del Monte Rosa dalla parete orientale; il 7 agosto 1889 scala il Monte Cervino, e a fine luglio 1890 il Monte Bianco, aprendo la via successivamente chiamata "Via Ratti - Grasselli". Papa Ratti fu un assiduo e appassionato frequentatore del gruppo delle Grigne e per molti anni, a cavallo dei due secoli, fu ospite della parrocchia di Esino Lario, base logistica delle sue escursioni. Le ultime scalate del futuro Papa risalgono al 1913. Per l'intero periodo Ratti fu membro, collaboratore e redattore di articoli per il Club Alpino Italiano. Lo stesso Ratti disse dell'alpinismo che "non fosse cosa da scavezzacolli, ma al contrario tutto e solo questione di prudenza, e di un po' di coraggio, di forza e di costanza, di sentimento della natura e delle sue più riposte bellezze". Appena eletto papa, l'Alpine Club di Londra cooptò Pio XI come proprio socio, motivando tale invito con le tre ascensioni alle più alte cime alpine (l'invito fu declinato, pur con il ringraziamento del papa).

Ratti, nel 1899, ebbe un colloquio con il famoso esploratore Luigi d'Aosta Duca degli Abruzzi per partecipare alla spedizione al Polo Nord che il Duca stava organizzando. Ratti non venne preso, si dice, perché un sacerdote, per quanto eccellente alpinista, avrebbe intimidito gli altri compagni di viaggio, rudi uomini di mare e montagna.

Nel 1935, venendo meno al rigido protocollo dello Stato Vaticano, durante la cerimonia d'inaugurazione della Scuola centrale militare di alpinismo di Aosta, inviò un telegramma di felicitazioni.

Carriera ecclesiastica
La profonda competenza negli studi portò Ratti all'attenzione di papa Leone XIII. Nel giugno 1891 e nel 1893 fu così invitato a partecipare ad alcune missioni diplomatiche al seguito di monsignor Giacomo Radini-Tedeschi in Austria e in Francia. Ciò avvenne su segnalazione dello stesso Radini-Tedeschi, il quale aveva studiato con Ratti presso il Pontificio Seminario Lombardo di Roma.

Nel 1888 entrò a far parte del collegio dei dottori della Biblioteca Ambrosiana, per diventarne prefetto nel 1907. Il 6 marzo 1907 fu nominato prelato di Sua Santità con il titolo di monsignore.

Intanto nel 1894 era entrato a far parte degli Oblati dei Santi Ambrogio e Carlo, un istituto di sacerdoti secolari profondamente milanese, radicato nella spiritualità di san Carlo Borromeo e sant'Ignazio di Loyola. Agli esercizi spirituali ignaziani don Ratti resterà sempre legato, ad esempio mediterà gli esercizi del 1908, del 1910 e del 1911 presso i gesuiti di Feldkirch, in Austria.

Chiamato da Pio X a Roma, è dapprima, l'8 novembre 1911, viceprefetto con diritto di successione, e successivamente, il 27 settembre 1914, regnante Benedetto XV, prefetto della Biblioteca Vaticana.

Missione in Polonia
Nel 1918 papa Benedetto XV lo nominò visitatore apostolico per la Polonia e la Lituania e successivamente, nel 1919, nunzio apostolico (cioè rappresentante diplomatico presso la Polonia) e all'età di 62 anni fu elevato al rango di arcivescovo con il titolo di Lepanto. Scelse come suo segretario don Ermenegildo Pellegrinetti, dottore in teologia e diritto canonico e soprattutto poliglotta, che tenne un diario della missione in Polonia di mons. Ratti.

La sua missione lo portò ad affrontare la difficile situazione verificatasi con l'invasione sovietica nell'agosto del 1920 per i problemi creati dalla formulazione dei nuovi confini dopo la I Guerra Mondiale. Ratti chiese a Roma di restare a Varsavia prossima all'assedio ma Benedetto XV, temendo per la sua vita, gli ordinò di raggiungere il governo polacco in esilio, cosa che fece dopo che si erano ritirate tutte le altre postazioni diplomatiche. Fu in seguito nominato Alto Commissario ecclesiastico per il plebiscito nell'Alta Slesia, plebiscito che si doveva svolgere tra la popolazione per scegliere fra l'adesione alla Polonia o alla Germania. Nella regione era forte la presenza del clero tedesco (sostenuto dall'arcivescovo di Breslavia cardinale Bertram), che spingeva per il ricongiungimento con la Germania. Il governo polacco, allora, chiese al Papa di nominare un rappresentante ecclesiastico che fosse al di sopra delle parti, in grado di garantire l'imparzialità in occasione del plebiscito.

Il compito specifico di Ratti, infatti, era quello di richiamare alla concordia il clero tedesco e quello polacco e, tramite costoro, la popolazione tutta. Avvenne però che l'arcivescovo Bertram vietò ai sacerdoti stranieri della sua arcidiocesi (in pratica i polacchi) di prendere parte al dibattito sul plebiscito. Inoltre Bertram fece sapere di avere avuto l'appoggio della Santa Sede: il Segretario di Stato, cardinale Gasparri, aveva dato l'appoggio a Bertram e al clero tedesco, senza informare però Ratti. Non solo Ratti dovette subire questo sgarbo, ma vide scatenarsi contro di lui la stampa polacca, che lo accusava, ingiustamente, di essere filotedesco. Fu pertanto richiamato a Roma e il 4 giugno 1921 Ratti lasciò la Polonia.

Un suo successo fu ottenere la liberazione di Eduard von der Ropp, arcivescovo di Mahilëŭ, arrestato dalle autorità sovietiche nell'aprile del 1919 con l'accusa di attività controrivoluzionaria e rilasciato nell'ottobre dello stesso anno. Nei primi mesi del 1920 compì un lungo viaggio diplomatico in Lituania, recandosi in pellegrinaggio nei luoghi più cari ai cattolici lituani, e in Lettonia. In quest'ultimo Stato gettò le basi del futuro concordato, che sarà il primo concordato da lui concluso dopo l'ascesa al pontificato. Si occupò anche della diocesi di Riga, da poco ristabilita, che subiva una grande penuria di clero e l'assenza di ordini religiosi; si progettava anche l'elevazione ad arcidiocesi.

Tuttavia nell'ottobre 1921, una volta divenuto arcivescovo di Milano, dall'Università di Varsavia ricevette la laurea honoris causa in teologia. In questo periodo nel cardinale Ratti probabilmente si venne a formare la convinzione che il pericolo principale dal quale la Chiesa cattolica si doveva difendere fosse il bolscevismo. Di qui la cifra che spiega il suo operato successivo: la sua politica sociale volta a contendere le masse al comunismo e ai nazionalismi.

Arcivescovo di Milano e cardinale
Nel concistoro del 13 giugno 1921 Achille Ratti fu nominato arcivescovo di Milano e lo stesso giorno fu creato cardinale del titolo dei Santi Silvestro e Martino ai Monti.

Prese possesso dell'arcidiocesi l'8 settembre. Nel suo breve episcopato dispose che il Catechismo di Pio X dovesse essere l'unico usato nell'arcidiocesi, inaugurò l'Università Cattolica del Sacro Cuore e iniziò la fase diocesana della causa di canonizzazione di padre Giorgio Maria Martinelli, il fondatore degli Oblati di Rho.

Pontificato
Encicliche
La sua prima enciclica Ubi arcano Dei consilio, del 23 dicembre 1922, manifestò il programma del suo pontificato, peraltro ben riassunto nel suo motto "pax Christi in regno Christi", la pace di Cristo nel Regno di Cristo. Detto altrimenti, a fronte della tendenza a ridurre la fede a questione privata, papa Pio XI pensava invece che i cattolici dovessero operare per creare una società totalmente cristiana, nella quale Cristo regnasse su ogni aspetto della vita. Egli intendeva dunque costruire una nuova cristianità che, rinunciando alle forme istituzionali dell'Ancien Régime, si sforzasse di muoversi nel seno della società contemporanea. Nuova cristianità che soltanto la Chiesa cattolica costituita da Dio e interprete delle verità rivelate era in grado di promuovere.

Questo programma fu completato dalle encicliche Quas primas (11 dicembre 1925), con la quale fu pure istituita la festa di Cristo Re e Miserentissimus Redemptor (8 maggio 1928), sul culto del Sacro Cuore.

In campo morale, le sue encicliche più importanti sono ricordate come le "quattro colonne". Nella Divini Illius Magistri del 31 dicembre 1929 sancisce il diritto della famiglia di educare i figli, come diritto originario e anteriore a quello dello Stato. Nella Casti Connubii del 31 dicembre 1930 ribadisce la dottrina tradizionale il sacramento del matrimonio: i primi doveri degli sposi devono essere la reciproca fedeltà, il mutuo e caritatevole amore e la retta e cristiana educazione della prole. Dichiarò moralmente illecita l'interruzione di gravidanza mediante aborto e, all'interno delle relazioni coniugali, ogni rimedio per evitare la procreazione. In campo sociale intervenne con l'enciclica Quadragesimo Anno, che celebrava il quarantesimo anniversario della Rerum Novarum di papa Leone XIII, insegnando che «per evitare l'estremo dell'individualismo da una parte, come del socialismo dall'altra, si dovrà soprattutto avere riguardo del pari alla doppia natura, individuale e sociale propria, tanto del capitale o della proprietà, quanto del lavoro». Questi tre temi, educazione cristiana, matrimonio e dottrina sociale, sono riassunti nell'enciclica Ad Catholici Sacerdotii del 20 dicembre 1935 sul sacerdozio cattolico «Il sacerdote è, per vocazione e mandato divino, il precipuo apostolo e l'indefesso promotore dell'educazione cristiana della gioventù; il sacerdote in nome di Dio benedice il matrimonio cristiano e ne difende la santità ed indissolubilità contro gli attentati e le deviazioni suggerite dalla cupidigia e dalla sensualità; il sacerdote porta il più valido contributo alla soluzione o almeno alla mitigazione dei conflitti sociali, predicando la fratellanza cristiana, a tutti ricordando i mutui doveri della giustizia e della carità evangelica, pacificando gli animi inaspriti dal disagio morale ed economico, additando ai ricchi e ai poveri gli unici beni a cui tutti possono e devono aspirare».

Trattò della natura della Chiesa nell'enciclica Mortalium Animos del 6 gennaio 1928, ribandendo l'unità della Chiesa sotto la guida del Romano Pontefice:
« In quest'unica Chiesa di Cristo nessuno si trova, nessuno vi resta senza riconoscere e accettare, con l'ubbidienza, la suprema autorità di Pietro e dei suoi legittimi successori. »

Esponendo che l'unità della Chiesa non possa avvenire a danno della fede, auspica il ritorno alla Chiesa cattolica dei cristiani separati. Invece vieta la partecipazione dei cattolici ai tentativi di stabilire una Chiesa pancristiana, per non dare «autorità ad una falsa religione cristiana, assai lontana dall'unica Chiesa di Cristo».

Secondo Roger Aubert con le sue encicliche Pio XI aveva elaborato una «teologia per la vita», trattando i grandi problemi di ordine morale e sociale.

Canonizzazioni e beatificazioni
Papa Pio XI procedette a numerose beatificazioni e canonizzazioni, per un totale di 496 beati e 33 santi, fra cui Bernadette Soubirous, Giovanni Bosco, Teresa di Lisieux, Giovanni Maria Vianney e Antonio Maria Gianelli. Egli nominò pure quattro nuovi dottori della Chiesa: Pietro Canisio, Giovanni della Croce, Roberto Bellarmino e Alberto Magno. In particolare procedette alla beatificazione di 191 martiri, vittime della Rivoluzione francese, che definì "una perturbazione universale durante la quale furono affermati, con tanta arroganza, i diritti dell'uomo".

In campo politico
Pio XI normalizzò i rapporti con lo Stato italiano grazie ai Patti Lateranensi (Trattato e Concordato) dell'11 febbraio 1929, che ponevano fine alla cosiddetta "Questione Romana" e facevano tornare regolari i rapporti fra l'Italia e la Santa Sede. Il 7 giugno, a mezzogiorno, nasceva il nuovo Stato della Città del Vaticano, di cui il Sommo Pontefice era sovrano assoluto. Nello stesso periodo furono creati diversi Concordati con varie Nazioni europee.

Non pregiudizialmente ostile a Mussolini, Achille Ratti limitò fortemente l'azione del Partito popolare favorendone lo scioglimento, e rinnegò ogni tentativo di Sturzo di ricostituire il partito. Ebbe però ad affrontare controversie e scontri con il fascismo a causa dei tentativi del regime di egemonizzare l'educazione della gioventù e per le ingerenze del regime nella vita della Chiesa. Emise l'enciclica Quas Primas dove veniva stabilita la festa di Cristo Re a ricordare il diritto della religione a pervadere tutti i campi della vita quotidiana: dallo Stato, all'economia, all'arte. Per richiamare i laici ad un maggiore coinvolgimento religioso, nel 1923 venne riorganizzata l'Azione Cattolica (di cui disse "questa è la pupilla dei miei occhi").

In campo missionario, si batté per l'integrazione con le culture locali invece dell'imposizione di una cultura occidentale. Pio XI fu estremamente critico anche con il ruolo passivo tenuto in campo sociale dal capitalismo. Nella sua enciclica Quadragesimo Anno del 1931 richiamò l'urgenza delle riforme sociali già indicate quaranta anni prima da papa Leone XIII, inoltre ribadì la condanna del liberalismo e di ogni forma di socialismo.

Economia
Pio XI ritornò più volte nell'enciclica sul legame fra moneta, economia e potere. Nell'enciclica Quadragesimus annus affermò:
« Nel nostro tempo è ormai evidente che la ricchezza e un immenso potere sono stati concentrati nelle mani di pochi uomini. Questo potere diventa particolarmente irresistibile se esercitato da coloro i quali, poiché controllano e comandano la moneta, sono anche in grado di gestire il credito e di decidere a chi deve essere assegnato. In questo modo forniscono il sangue vitale all'intero corpo dell'economia. Loro hanno potere sull'intimo del sistema produttivo, così che nessuno può azzardare un respiro contro la loro volontà. »
(Papa Pio XI, Quadragesimus Annus 106-9, 1931)

Nell'enciclica Divini Redemptoris Pio XI sviluppa riflessioni abbastanza consuete sulla necessità della sopportazione e della pazienza da parte dei poveri, che devono stimare più i beni spirituali che i beni e i godimenti terreni. E sui ricchi come amministratori di Dio, che devono dare ai poveri quello che loro avanza:
« I ricchi non devono porre nelle cose della terra la loro felicità né indirizzare al conseguimento di quelle i loro sforzi migliori; ma, considerandosene solo come amministratori che sanno di doverne rendere conto al supremo Padrone, se ne valgano come di mezzi preziosi che Dio loro porge per fare del bene; e non lascino di distribuire ai poveri quello che loro avanza, secondo il precetto evangelico. »
(Papa Pio XI, Divini Redemptoris, 44-45, 1937)

Risoluzione della questione romana
Il primo segno di apertura Pio XI lo aveva manifestato immediatamente dopo l'elezione. Il novello pontefice - contrariamente ai suoi immediati predecessori Leone XIII, San Pio X e Benedetto XV - decise di affacciarsi alla loggia esterna della Basilica Vaticana, cioè su piazza San Pietro, sia pur senza dire nulla, limitandosi a benedire la folla presente, mentre i fedeli di Roma gli rispondevano con applausi e grida di gioia. Il gesto "dovuto", ma che si verificava dopo i fatti del 20 settembre 1870, era da considerare di portata storica; ciò accadeva perché Pio XI era convinto che la fine del potere temporale, sia pure in maniera "violenta" era, per la missione della Chiesa nel mondo, la liberazione dalle catene delle passioni umane.

La Questione romana incontrava non solo le preoccupazioni e le speranze dei cattolici in Italia, ma anche di tutti i cattolici del mondo, tanto da indurre zelanti sacerdoti, peraltro missionari, come per esempio don Luigi Orione, a prendere iniziative personali e scrivere più volte al capo del governo fascista Benito Mussolini; altri sacerdoti intervennero con propri studi presso la Segreteria di Stato Vaticana, nella persona del delegato del papa, cardinale Pietro Gasparri.

L'11 febbraio 1929 il papa fu l'artefice della firma dei Patti Lateranensi tra il cardinale Pietro Gasparri e il governo fascista di Benito Mussolini. Il 13 febbraio 1929 pronunciò un discorso agli studenti e ai docenti dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che passò alla storia per una definizione, secondo cui Mussolini sarebbe stato «un uomo [...] che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare»:
« Le condizioni dunque della religione in Italia non si potevano regolare senza un previo accordo dei due poteri, previo accordo a cui si opponeva la condizione della Chiesa in Italia. Dunque per far luogo al Trattato dovevano risanarsi le condizioni, mentre per risanare le condizioni stesse occorreva il Concordato. E allora? La soluzione non era facile, ma dobbiamo ringraziare il Signore di averCela fatta vedere e di aver potuto farla vedere anche agli altri. La soluzione era di far camminare le due cose di pari passo.

E così, insieme al Trattato, si è studiato un Concordato propriamente detto e si è potuto rivedere e rimaneggiare e, fino ai limiti del possibile, riordinare e regolare tutta quella immensa farragine di leggi tutte direttamente o indirettamente contrarie ai diritti e alle prerogative della Chiesa, delle persone e delle cose della Chiesa; tutto un viluppo di cose, una massa veramente così vasta, così complicata, così difficile, da dare qualche volta addirittura le vertigini. E qualche volta siamo stati tentati di pensare, come lo diciamo con lieta confidenza a voi, sì buoni figliuoli, che forse a risolvere la questione ci voleva proprio un Papa alpinista, un alpinista immune da vertigini ed abituato ad affrontare le ascensioni più ardue; come qualche volta abbiamo pensato che forse ci voleva pure un Papa bibliotecario, abituato ad andare in fondo alle ricerche storiche e documentarie, perché di libri e documenti, è evidente, si è dovuto consultarne molti. Dobbiamo dire che siamo stati anche dall'altra parte nobilmente assecondati. E forse ci voleva anche un uomo come quello che la Provvidenza Ci ha fatto incontrare; un uomo che non avesse le preoccupazioni della scuola liberale, per gli uomini della quale tutte quelle leggi, tutti quegli ordinamenti, o piuttosto disordinamenti, tutte quelle leggi, diciamo, e tutti quei regolamenti erano altrettanti feticci e, proprio come i feticci, tanto più intangibili e venerandi quanto più brutti e deformi.

E con la grazia di Dio, con molta pazienza, con molto lavoro, con l'incontro di molti e nobili assecondamenti, siamo riusciti « tamquam per medium profundam eundo » a conchiudere un Concordato che, se non è il migliore di quanti se ne possono fare, è certo tra i migliori che si sono fin qua fatti; ed è con profonda compiacenza che crediamo di avere con esso ridato Dio all'Italia e l'Italia a Dio. »
(Pio XI, allocuzione Vogliamo anzitutto)

Malgrado questo, nella sua enciclica Non Abbiamo Bisogno di due anni dopo, Pio XI definì il fascismo, il cui fondatore era notoriamente Mussolini, come «statolatria pagana». La Santa Sede con la firma un concordato con uno Stato non necessariamente ne approva la politica, come confermato ad esempio da Pio XII nella sua allocuzione nel concistoro del 2 giugno 1945 (AAS 37 pag. 152) a riguardo del nazismo.

Già nel 1922, prima della sua elezione a Papa nel febbraio dello stesso anno, in occasione di un'intervista concessa al giornalista francese Luc Valti (pubblicata integralmente nel 1937 su L'illustration), il cardinale Achille Ratti aveva dichiarato a proposito di Mussolini:
« Quell'uomo, ragazzo mio, fa rapidi progressi, e invaderà tutto con la forza di un elemento naturale. Mussolini è un uomo formidabile. Mi ha capito bene? Un uomo formidabile! Convertito di recente, poiché viene dall'estrema sinistra, ha lo zelo dei novizi che lo fa agire con risolutezza. E poi, recluta gli adepti sui banchi di scuola e in un colpo solo li innalza fino alla dignità di uomini, e di uomini armati. Li seduce così, li fanatizza. Regna sulla loro immaginazione. Si rende conto di che cosa significhi e che forza gli fornisca? Il futuro è suo. Bisognerà però vedere come tutto questo andrà a finire e che uso farà della sua forza. Che orientamento avrà, il giorno in cui dovrà scegliere di averne uno? Resisterà alla tentazione, che insidia tutti i capi, di ergersi a dittatore assoluto?. »

Nell'agosto 1923 Ratti confidò all'ambasciatore del Belgio che Mussolini “non è certo Napoleone, e forse neppure Cavour. Ma lui solo ha compreso di che cosa il suo paese abbia bisogno per uscire dall'anarchia in cui un parlamentarismo impotente e tre anni di guerra l'hanno gettato. Voi vedete come abbia trascinato con sé la Nazione. Possa essergli concesso di portare l'Italia alla sua rinascita”.

Il 31 ottobre 1926 l'adolescente Anteo Zamboni aveva sparato a Mussolini, a Bologna, mancando il bersaglio. Papa Ratti intervenne condannando «tale criminale attentato il cui solo pensiero ci rattrista... e ci fa rendere grazie a Dio del suo fallimento». L'anno successivo Pio XI esaltò Mussolini come l'uomo «il quale con tanta energia governa le sorti del paese, da fare giustamente ritenere pericolare il paese stesso ogni qualvolta pericola la sua persona. Il pronto e quasi visibile intervento della Divina Provvidenza faceva sì che quella prima tempesta poté subito venir sorpassata da un vero uragano di giubilo, di rallegramenti, di azioni di grazie, per lo scampato pericolo per la perfetta, e, si può ben dire, portentosa incolumità di chi ne doveva essere la vittima», esprimendo altresì «indignazione e orrore» per l'attentato.

Con i Patti Lateranensi, stipulati nel palazzo di San Giovanni in Laterano e costituiti da due atti distinti (Trattato e Concordato), veniva messa la parola fine alla freddezza e ostilità fra i due poteri, durate per cinquantanove anni. Con lo storico trattato veniva data alla Santa Sede la sovranità sullo Stato della Città del Vaticano, riconoscendolo come soggetto di diritto internazionale, in cambio dell'abbandono da parte della Santa Sede di pretese territoriali sul precedente Stato Pontificio; mentre la Santa Sede riconosceva il Regno d'Italia con la capitale a Roma. A compensazione delle perdite territoriali e come supporto nel periodo transitorio, il governo garantiva (Convenzione finanziaria, allegata al Trattato) un trasferimento di denaro consistente in 750 milioni di lire in contanti e di un miliardo in titoli di Stato al 5 per cento che, investito da Bernardino Nogara sia in immobili sia in attività produttive, pose le basi per l'attuale struttura economica del Vaticano.

Il trattato richiamava inoltre l'articolo 1 dello Statuto Albertino, riaffermando la religione cattolica come la sola religione dello Stato. I Patti Lateranensi imponevano ai vescovi di giurare fedeltà allo Stato italiano, ma stabilivano alcuni privilegi per la Chiesa cattolica: al matrimonio religioso venivano riconosciuti effetti civili e le cause di nullità ricadevano sotto i tribunali ecclesiastici; l'insegnamento della dottrina cattolica, definita “fondamento e coronamento dell'istruzione pubblica”, diventava obbligatorio nelle scuole elementari e medie; i preti spretati o colpiti da censura ecclesiastica non potevano ottenere o conservare alcun impiego pubblico nello Stato italiano. Per il regime fascista i Patti Lateranensi costituirono una preziosa legittimazione.

In segno di riconciliazione, nel luglio successivo, il papa uscì in processione eucaristica solenne in piazza San Pietro. Un avvenimento del genere non accadeva dai tempi di Porta Pia. La prima uscita dal territorio della Città del Vaticano avvenne invece il 21 dicembre dello stesso anno quando, di primissima mattina, il pontefice si recò, scortato da poliziotti italiani in bicicletta, alla basilica di San Giovanni in Laterano, per prendere ufficialmente possesso della sua cattedrale. Nel 1930 - a un anno di distanza dalla firma dei Patti Lateranensi - l'anziano cardinal Pietro Gasparri si dimise, venendo sostituito dal cardinale Eugenio Pacelli, futuro papa Pio XII.

Questione messicana
Un'altra spina per papa Ratti fu rappresentata dalla politica fortemente anticlericale del governo messicano. Già nel 1914 si iniziarono vere persecuzioni nei confronti del clero e fu proibito ogni culto religioso (conseguentemente furono chiuse anche le scuole cattoliche). La situazione peggiorò nel 1917 sotto la presidenza di Venustiano Carranza. Nel 1922 il nunzio apostolico fu espulso dal Messico. Le persecuzioni contro i cristiani portarono alla rivolta dei "cristeros" il 31 luglio 1926 a Oaxaca. Nel 1928 si sancì un accordo che riammetteva il culto cattolico, ma non essendo stati rispettati i termini dell'accordo Pio XI condannò tali misure nel 1933 con l'enciclica Acerba Animi. Rinnovò la condanna nel 1937 con l'enciclica Firmissimam Constantiam.

Rapporti con il mondo della scienza
Appassionato delle scienze fin dalla gioventù e attento osservatore dello sviluppo tecnologico, fondò la Radio Vaticana avvalendosi della collaborazione di Guglielmo Marconi, modernizzò la Biblioteca Vaticana e ricostituì con la collaborazione di padre Agostino Gemelli nel 1936 la Pontificia Accademia delle Scienze, ammettendovi anche personalità non cattoliche e pure non credenti.

Fu interessato ai nuovi mezzi di comunicazione: fece installare una nuova centralina telefonica in Vaticano e sebbene personalmente si servisse poco del telefono, fu uno dei primi utilizzatori della telecopia, un'invenzione del francese Édouard Belin che permetteva di trasmettere fotografie a distanza attraverso la rete telefonica o telegrafica. Nel 1931 in risposta ad un messaggio scritto e ad una fotografia inviategli da Parigi dal cardinale Verdier inviò una sua fotografia appena scattata.

L'utilizzo che fece della radio fu invece più frequente, sebbene non molti riuscissero ad intendere i suoi messaggi radiofonici, di norma pronunciati in latino.

Concistori per la creazione di nuovi cardinali
Papa Pio XI durante il suo pontificato ha creato 76 cardinali nel corso di 17 distinti concistori.

Morte e discorso scomparso
Nel febbraio 1939 Pio XI convocò a Roma tutto l'episcopato italiano in occasione del I decennale della "conciliazione" con lo Stato Italiano, del XVII anno del suo pontificato e il 60º anno del suo sacerdozio. Nei giorni 11 e 12 febbraio egli avrebbe pronunciato un importante discorso, preparato da mesi, che sarebbe stato il suo testamento spirituale e dove, probabilmente, avrebbe denunciato la violazione dei Patti Lateranensi da parte del governo fascista e le persecuzioni razziali in Germania. Tale discorso è rimasto segreto fino al pontificato di papa Giovanni XXIII quando nel 1959 vennero pubblicate alcune parti. Egli infatti morì per un attacco cardiaco dopo una lunga malattia, nella notte del 10 febbraio 1939. È ormai assodato che il testo del discorso fu fatto distruggere per ordine di Pacelli, al tempo Cardinal Segretario di Stato e responsabile di gestire il Vaticano nell'attesa della nomina di un nuovo papa.

Nel settembre 2008, un congresso organizzato a Roma dalla Pave The Way Foundation sull'operato di Pio XII nei confronti degli ebrei ha riportato la questione dei rapporti tra il Vaticano e le dittature totalitarie nell'interesse dei media. Un'ex dirigente della Federazione Universitaria Cattolica Italiana, Bianca Penco (vicepresidente della federazione tra il 1939 e il 1942 e presidente nazionale insieme a Giulio Andreotti e Ivo Murgia tra il 1942 e il 1947), ha rilasciato un'intervista al Secolo XIX in cui parla della questione. Secondo il racconto della Penco, Pio XI avrebbe ricevuto alcuni esponenti di spicco della federazione nel febbraio del 1939, annunciando a questi che aveva preparato un discorso che era intenzionato a tenere l'11 febbraio, in occasione del decennale del Concordato: questo discorso sarebbe stato critico nei confronti del nazismo e del fascismo, e avrebbe anche contenuto riferimenti alle persecuzioni dei cristiani che in quegli anni avvenivano in Germania.

Il papa, secondo l'intervista, avrebbe dovuto anche annunciare un'enciclica contro l'antisemitismo, intitolata Humani generis unitas. Ma Achille Ratti morì la notte prima, il 10 febbraio e Pacelli, al tempo Cardinal Segretario di Stato e dopo poco meno di un mese eletto al pontificato come papa Pio XII, avrebbe deciso di non divulgare il contenuto di questi documenti. La Penco afferma anche che dopo la morte di papa Ratti, alle richieste dei rappresentanti della FUCI di avere informazioni sul destino del discorso che avevano potuto osservare in anteprima, l'esistenza stessa di questo sarebbe stata negata. In realtà, la cosiddetta "enciclica nascosta" era già stata commissionata da Pio XI al gesuita LaFarge e ad altri due estensori. Lo schema di enciclica, a causa del ritardo con cui arrivò a Pio XI, non trovò papa Ratti nelle condizioni di salute idonee affinché potesse leggerla e promulgarla. Infatti morì pochi giorni dopo che lo schema pervenne sul suo tavolo.

Pio XII, suo successore, non ritenne di promulgarla non certo per simpatie verso il fascismo e il nazismo, ma perché quello schema di enciclica conteneva, insieme a una chiara e netta condanna di ogni forma di razzismo e in particolare del razzismo antisemita, anche una riconferma del tradizionale antigiudaismo teologico che, sebbene nulla avesse a che fare, come ritiene la studiosa ebrea Anna Foa, con l'antisemitismo moderno le cui origini sono invece darwiniane, positiviste e teosofiche, avrebbe potuto essere facilmente strumentalizzato dal regime nazista. Se papa Pacelli avesse pubblicato integralmente quello schema di enciclica, sarebbe stato poi accusato di avere prestato argomenti teologici al razzismo hitleriano. Invece, Pio XII, ad ulteriore dimostrazione della sua ferma opposizione al nazismo ed ad ogni forma di razzismo, riprese la parte antirazzista di quella "enciclica nascosta" e la inserì nella sua prima enciclica, quella contenente il programma del suo appena iniziato pontificato, la Summi Pontificatus del 1939.

Sulla base di un presunto memoriale del cardinale Eugène Tisserant ritrovato nel 1972, prese corpo la leggenda che Pio XI fosse stato avvelenato per ordine di Benito Mussolini, il quale avendo avuto sentore della possibilità di essere condannato e forse scomunicato avrebbe incaricato il medico Francesco Petacci, padre di Clara Petacci, di avvelenare il Pontefice. Questa teoria venne seccamente smentita dal cardinale Carlo Confalonieri, segretario personale di Pio XI. Questa teoria è stata inoltre esclusa dalla studiosa Emma Fattorini, reputando la tesi come un eccesso di immaginazione che non ritrova il minimo riscontro nell'attuale documentazione.



Edited by CHECCO70 - 23/11/2016, 16:39
 
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biondo64
view post Posted on 10/12/2016, 22:04     +1   +1




Pius IX Pont. Max.



Concilium Ecumenicum 1869

 
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view post Posted on 15/12/2016, 14:52     +1   +1
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STEMMA PAPALE






Elezione 2 marzo 1939
Incoronazione 12 marzo 1939
Fine pontificato 9 ottobre 1958
Motto Opus iustitiae pax
Predecessore papa Pio XI
Successore papa Giovanni XXIII
Nome Eugenio Maria Giuseppe Pacelli
Nascita Roma, 2 marzo 1876
Ordinazione sacerdotale 2 aprile 1899 dal patriarca Francesco di Paola Cassetta (poi cardinale)
Nomina ad arcivescovo 23 aprile 1917 da papa Benedetto XV
Consacrazione ad arcivescovo 13 maggio 1917 da papa Benedetto XV
Creazione a cardinale 16 dicembre 1929 da papa Pio XI
Morte Castel Gandolfo, 9 ottobre 1958
Sepoltura Grotte Vaticane



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view post Posted on 27/1/2017, 19:42     +1   +1   +1
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view post Posted on 1/2/2017, 18:48     +1   +1
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Rovescio San Pietro

Data 1867

SIGNUM. ABN. S. PETRI AP. QUOD. IN. BASIL. VATIC. COLITUR

sulla seconda riga: XVIII CENTENARIO DI S. PIETRO





 
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