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STORIA INSOLITA DELL’ISOLA TIBERINA SUL TEVERE

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view post Posted on 29/9/2016, 17:57     +1   +1   +1
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GURKHA

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STORIA INSOLITA DELL’ISOLA TIBERINA SUL TEVERE

Secondo una leggenda antica l’isola Tiberina sarebbe nata dal cumulo dei mannelli di grano appartenente ai Tarquini, che li gettarono nel Tevere dopo la loro cacciata dal territorio; l’ammasso di quei detriti avrebbero formato un terrapieno in mezzo al fiume. Molto probabilmente questa leggenda si era dimostrata senza fondamento dopo i lavori di sistemazione del Tevere alla fine del secolo scorso. Infatti il nucleo esaminato era costituito di roccia vulcanica sulla quale si era sovrapposta nel tempo una notevole massa di detriti alluvionali. Ignoriamo ancora da quanto tempo l’isola cosi formata fosse stata occupata, l’unica cosa sicura era stata l’occupazione dell’isola dall’antico culto di Tiberino, dio del fiume, ma quell’altare è sparito senza lasciare traccia. In seguito l’edificio più importante dell’isola fu il tempio di Esculapio, eretto a causa di una grave epidemia di pestilenza sorta nell’anno 293 a.C.che aveva invaso la città. Dopo avere consultato I Libri Sibillini fu mandata un’ambasciata a Epidauro, presso il centro del culto di Esculapio, il dio guaritore Greco. Tra il 292 ed il 291 a.C. la trireme mandata ad Epidauro era ritornata con
un serpente sacro che simboleggiava il dio. Sulla riva del Campo Marzio, secondo la leggenda, il serpente sacro si buttò nel fiume nuotando fino all’isola Tiberina dove scomparve, indicando in questo modo la località scelta per l’edificazione del Tempio, che fu edificato nel 289, nel luogo preciso dove sorge la chiesa di S. Bartolomeo. La posizione del pozzo medioevale, ancora esistente presso l’altare della chiesa, corrisponde alla fonte del Tempio antico che con i suoi portici circostanti costituivano come a Epidauro un vero ospedale.
Con il tempo varie iscrizioni che testimoniavano di guarigioni miracolose furono dedicate alle divinità.
Molto probabilmente la destinazione dell’isola Tiberina a luogo di cura era stata scelta per motivi d’isolamento rispetto alle abitazioni della città. La funzione dell’isola fu proseguita durante il medioevo ed ancora oggi due grandi ospedali occupano un posto importante nella Città di Roma; l’ospedale Israelitico e quello dei Fatebenefratelli istituito nel lontano 1548.
Probabilmente nel lontano passato dovevano sorgere sul lato settentrionale dei santuari minori: quelli di Fauno e di Vedove, istituiti nel 194 a.C.
Nella chiesetta di S. Giovanni Calibita, sorgeva un sacello del “Garante del Giuramento” quello di Esculapio, scoperto grazie ad un mosaico con il nome della divinità. Altre numerose iscrizioni testimoniano della presenza di vari culti come quello della divinità Sabina e di Bellona, detta “Insulensis”.
Tutte le abitazioni dell’sola erano incluse in un Vicus Censori ed una strada metteva in comunicazione i due ponti il Fabricio ed il Cestio, che collegavano la riva del Campo Marzio con il Trastevere. Secondo lo storico Cassio Dione il ponte Fabricio fu costruito nel 62 a.C., successivamente al Consolato di Cicerone. Il poeta Orazio indica quel ponte come il preferito dai suicidi abbastanza frequenti durante quegli anni difficili per la popolazione di Roma.
Ignoriamo ancora se il ponte Fabricio fosse stato preceduto da un altro o forse da un traghetto. Il ponte era stato edificato con dei blocchi di tufo e di peperino, le due arcade poggiano su un pilone centrale e l’apertura di un piccolo arco serve a mitigare la pressione delle acque del fiume. Il ponte porta il nome del suo costruttore un certo Lucio Fabricio, figlio di Gaio, curatore delle vie. Tra i vari restauri uno porta i nomi di Marco Lollio e Quinto Lepido, i due consoli del 21 a.C. che fecero riparare il ponte distrutto dalla piena del 23 a.C.
Il ponte Cestio, che porta a Trastevere fu quasi completamente demolito tra il 1888 ed il 1892. Questo ponte esisteva già nel I secolo a.C. e il suo restauro nel 370 d.C. era dovuto a Valentiniano, Valente e Graziano. In un primo momento si era pensato che il nome medioevale dell’isola Lycaonia, fosse stato dovuto alla presenza di una statua di quella regione dell’Asia Minore diventata una delle province dell’impero durante gli anni 373 d.C.
L’isola ha la forma della prua di una nave, ignoriamo se il lato opposto fosse stata trattato come la poppa della nave, ma la forma generale ricorda una trireme, chiara allusione alla nave da guerra che aveva trasportato il Serpente Sacro, quello di Esculapio, da Atene a Roma. Tale serpente è rappresentato sulla “nave” arrotolato ad un bastone in mano ad Esculapio. La bitta degli ormeggi aveva invece le sembianze di un toro.
Dei templi antichi non rimane più nessuna traccia, la parte più vecchia è costituita dall’ala destra del ponte Fabricio, quella del Castello dei Caetani che fu costruito durante l’arco di quattro secoli, con la sua storica torre eretta nel X secolo dai Pierleoni, torre chiamata anche Pulzella appellativo dovuto all’ inserimento nel suo parametro della testa in marmo di una giovinetta.
Il complesso dei Pierleoni ospitò anche il papa Urbano II, che vi soggiornò fino al mese di aprile del 1089.
Il castello cambiò varie volte proprietario e ritornò di nuovo in mano ai Caetani che vi risiedettero fino all’anno 1470, ma a causa delle erosioni e delle piene il complesso fu abbandonato dai proprietari dopo la terribile piena del Tevere del 1557 che travolse la torre e le varie costruzioni adiacenti dando cosi il colpo di grazia a tutto il complesso dell’Isola. Dopo l’ultimo restauro, a cura dei frati francescani, la proprietà passò in mano allo stato italiano che lo cedette al comune di Roma, la parte dell’edificio che confina con la chiesa di S. Bartolomeo è ormai affidata all’ospedale della comunità ebraica della città.
La chiesa di S. Bartolomeo era stata fatta costruire da Ottone III nel 997 sulle rovine dell’antico tempio di Esculapio e conserva ancora la salma del martire Bartolomeo traslato a Roma dalla città di Benevento.
L’ospedale dei Fatebenefratelli ingloba nel suo complesso la chiesetta di San Giovanni Calibita, nato a Costantinopoli nel 400. Il santo dopo avere abbandonato la sua famiglia visse da monaco in una capanna chiamata Kalyba in Asia Minore, donde il suo sopranome di Kalabites. La sua leggenda cosi simile a quella di S. Alessio ci porta spesso a confondere i due eremiti, anche se il Kalibita molto conosciuto in Oriente era finito per affermarsi anche a Roma sull’isola Tiberina.
Oltre il sodalizio del Fatebenefratelli, un’altro sodalizio meno conosciuto, fondato da tre giovani, i due fratelli Scolari e G. Denzi trovò nel 1760 una sua collocazione nella chiesa di S.Bartolomeo. Per l’usanza che avevano gli adepti di vestirsi con un sacco rosso furono chiamati i “Sacconi Rossi”. Con il passare del tempo il loro sodalizio aumentò al punto di farsi riconoscere dal papa Pio VI. Oltre che pregare per le anime del purgatorio, ogni notte, i frati incappucciati e muniti di torce andavano in processione a raccogliere il corpo dei numerosi annegati nel Tevere per potere dare una degna sepoltura a quei disgraziati nel loro cimitero. Durante il mese dei morti si recavano in processione facendo il giro della piazza dell’isola, scendendo verso la punta di fronte al ponte Rotto, per pregare davanti un catafalco sul quale spiccava un teschio. Nel 1836 a causa dell’epidemia del colera che decimava la città, il piccolo cimitero dei frati venne chiuso per ordine di Gregorio XVI.
Nel 1849, dopo il crollo della Repubblica Romana, gli invasori francesi occuparono una parte dell’edificio facendo razzia degli arredi sacri e dei valori di ogni genere, togliendo cosi ogni credenza al sodalizio in crisi. Oggi, l’Oratorio dei Sacconi Rossi è sotto la tutela del priore del Fate bene fratelli ed esiste solo sulla carta. Ogni anno il giorno due di novembre, in ricordo delle anime degli affogati, grazie anche ai Fratelli di Santa Maria dell’Orto, è stata ripristinata l’usanza di svolgere una suggestiva processione di barche al lume delle torce lungo il Tevere.
Qualche volta si tende a confondere la Confraternita dei Sacconi Rossi con quella dei Sacconi Bianchi. Quella dei Sacconi Bianche ha sede presso la chiesa di S. Teodoro, si tratta dell’ Arciconfraternita del Sacro nome di Gesù, nota come i Sacconi Bianchi per il colore dei sacchi che indossano. Era e lo è ancora un vero e proprio Circolo anche se a sfondo sacro appartiene all’aristocrazia romana, un ristrettissima élite. Nei tempi passati i Sacconi Bianchi giravano a piedi nudi per la città chiedendo l’elemosina per i poveri e i carcerati. Oggi si riuniscono solo per una funzione settimanale.
Un altro rito antico dell’isola Tiberina ci è stato tramandato da Ovidio e di esso quasi dimenticato dalla Storia esiste anche una versione diversa, quella di Macrobio, che consisteva in un corteo funebre che si ripeteva ogni 15 di maggio. L’oggetto del lutto, invece del solito catafalco, consisteva in grandi pupazzi di vimini, con mani e piedi legati come dei condannati a morte e portati lungo il ponte Sublico (Fabricio). Sul ponte arrivavano delle portantine dalle quali scendevano le Vestali vestite di bianco che avevano l’incarico di gettare nel Tevere i pupazzi di vimini che il fiume avrebbe dovuto portare fino al mare, nello stesso punto dove tanto tempo prima erano sbarcati agli Argei. Infatti quei pupazzi rappresentavano gli abitanti di Argo giunti con Ercole. Seconda la leggenda invece di tornare nella loro patria , gli Argei si erano stabiliti a Roma nell’Isola Tiberina, ma primo di morire colti dalla nostalgia per la loro terra d’origine avrebbero chiesto che le loro salme fossero gettate nel Tevere, in questo modo trascinati fino al mare avrebbero raggiunto la loro lontana Argo.
Nella versione di Macrobio, lo storico imputa ad Ercole l’origine di quello stano rito. L’eroe, nel ritornare in patria sarebbe passato per l’Isola Tiberina attraverso il ponte Sublicio costruito per l’occasione e da qui avrebbe gettato in acqua i simulacri dei compagni che per seguirlo nelle sue avventure avevano perso la vita.
Lo storico Dario Sabbatucci mette in relazione quel rito del 15 di maggio con quello compiuto il giorno precedente dalle Vestali incaricate della mietitura del Farro Sacro. Tale rito avrebbe potuto suscitate l’ira dello spirito del defunti che erano morti senza una degna sepoltura . Quegli spiriti dovevano essere allontanati con un apposito esorcismo, con cui le Vestali oltre a scacciare gli spiriti maligni avrebbero messo in fuga anche gli Argei rappresentanti dai fantocci di vimini.
Un mito arcaico indica l’Isola Tiberina come un luogo dove venivano collocate le persone o le cose rifiutate dalla città, come i malati, “Rifiuti” della società e che un certo simboleggiavano il Male.
Aesculapius, divinità che possedeva oltre la conoscenza della medicina anche il Sacerdozio aveva il dono di potere intervenire sulla Vita e sulla Morte dei ricoverati dell’Isola.

L'ISOLA TIBERINA



L'ISOLA TIBERINA E IL PONTE FABRICIO incisione di Rossini




L'ISOLA TIBERINA IL PONTE CESTIO ED IL CAMPANILE DELLA CHIESA DI S. BARTOLOMEO



L'ISOLA TIBERINA E VISTA DEL PONTE incisione del 500



L'ISOLA TIBERINA CON SAN BARTOLOMEO incisione di G.VASI



L'ISOLA TIBERINA E LA TORRE DEI CAETANI



CIMITERO DEI SACCONI ROSSI



CIMITERO DEI SACCONI ROSSI



CIMITERO DEI SACCONI ROSSI



CIMITERO DEI SACCONI ROSSI







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Edited by ONIDINO - 28/9/2022, 00:08
 
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Meraviglioso contributo, Dino!
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molto interessante.. grazie dino
 
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Molto interessante questa storia di un angolo di Roma forse sottovalutato dai turisti.... molto interessante anche il focus sulle confraternite, gruppi di mutuo aiuto che dal medioevo in poi sono state il supporto indispensabile per tutti coloro che erano ai margini dela società cittadina. Se posso integrare senza interferire e facendo riferimento a luoghi a me noti i "sacconi", come emblema delle confraternite ospitaliere e "funebri", ancora sono presenti nelle processioni del venerdì Santo per lo meno ad Osimo, Recanati e Gubbio... con differenti colori; ad Osimo sono presenti solo i neri, per quello che so della Compagnia del Cristo morto o della buona morte, a Recanati bianchi e neri (compagnia del Gesù e della buona morte), a Gubbio anche i rossi. Nella processione di Osimo accompagnano il feretro del Cristo morto e aprono la processione col suono delle "battistangule", tavole in legno a cui sono imperniate una serie di masse battenti in ferro (tipo chiavi per capirsi).... Il campanile suona a morto poi tace, si spengono le luci e loro cominciano... :)


www.rivieradelconero.info/it/la-pro...cconi-ad-osimo/

N.d.r. anni fa il feretro era portato a spalla e la croce vuota illuminata da candele e lampade a olio ma il progresso non si ferma :)

Video

p.s.i sacconi bianchi potrebbero essere collegati anche ad un'altra confraternita, quella dei bianchi appunto, che invase le vie di Roma durante il Giubileo del 1400 .... ma questa è un'altra storia... :)

http://amicidelmuseo.com/convegno-sulle-orme-dei-bianchi/

www.treccani.it/enciclopedia/bianch...edia-Italiana)/

Edited by cesira.66 - 5/10/2016, 12:12
 
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Roma ha una immensa tradizione di confraternite!
C'e' quella famosissima ed antichissima dei macellai, per esempio, dedita a Maria ed avente sede nella centralissima Piazza della quercia...

Luca
 
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view post Posted on 5/10/2016, 11:28     +1   +1
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CITAZIONE (lukazeronove @ 5/10/2016, 11:52) 
Roma ha una immensa tradizione di confraternite!
C'e' quella famosissima ed antichissima dei macellai, per esempio, dedita a Maria ed avente sede nella centralissima Piazza della quercia...

Luca

Esempio esplicativo, ogni corporazione di arti e mestieri aveva la sua... solo i contadini erano "esclusi" per quello che so ma posso sbagliarmi, poi c'erano quelle religiose, i monti di pietà quelle delle Dame... un welfare ante litteram sopravvissuto fino al secondo dopoguerra, esaltato nel fascismo con le varie "opera nazionale" etc... fino alle mutue definitivamente morte nel 1975... sopravvivono solo gli enti degli ordini professionali ad oggi :)

Edited by cesira.66 - 5/10/2016, 14:28
 
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A me ha sempre affascinato la storia di questa confraternita......i Parafrenieri

Forse anche per questo capolavoro del caravaggio....La Madonna dei palafrenieri

STORIA del dipinto .... https://it.wikipedia.org/wiki/Madonna_dei_Palafrenieri



STORIA della Confraternita

www.parafrenieri.org/la-storia/


da.... https://it.wikipedia.org/wiki/Venerabile_A...27_Parafrenieri

Storia

Gli antichi Parafrenieri e i Sediari pontifici, insieme agli altri membri e dignitari della Corte pontificia da tempo immemorabile veneravano quale loro patrona Sant'Anna. Già dal 1378 con la Bolla "Splendor" di Urbano VI, iniziarono a riunirsi per le proprie celebrazioni in una Cappella all'interno della precedente Basilica di San Pietro in Vaticano, appositamente intitolata alla loro santa protettrice. Nel 1506, papa Giulio II approvò definitivamente i loro statuti, mentre nel 1565 papa Pio IV, concesse loro di edificare una chiesa dedicata a Sant'Anna presso un terreno adiacente San Pietro.


Curiosità

Stante la grande influenza che i Parafrenieri avevano nella Corte Pontificia, il Pontefice Paolo V concesse alla Confraternita il potere di liberare, in occasione della festa della loro santa patrona, un condannato a morte.

L'Arciconfraternita era famosa, nella Roma papalina, per la cosiddetta processione delle panze, cioè delle partorienti, che si svolgeva il 26 luglio, giorno della festa liturgica di sant'Anna. Muovendo solennemente dalla Chiesa di Santa Maria in Portico in Campitelli, la processione procedeva al rullo di tamburi, scortata dalle Milizie pontificie, con le partorienti avvolte in un manto (da cui il termine popolare di ammantate), seguite dai membri della Confraternita dei Palafrenieri a cavallo. Chiudeva la processione la statua raffigurante la Vergine e sant'Anna portata a spalla dai Sediari pontifici (oggi conservata nella chiesa di Santa Caterina della Rota). Quando la lunga fila giungeva sul ponte sant'Angelo il cannone di Castello salutava la Vergine con colpi a salve. La processione proseguiva verso la Chiesa di sant'Anna in Vaticano, terminando nella sede della Confraternita.

www.pontificiaparrocchiasantanna.it/palafrenieri

Piccola curiosita'.......si possono usare entrambi i nomi .....I palafrenieri (o parafrenieri)



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:D quante cosette che si scoprono... come le ciliegie, una tira l'altra :P
 
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GURKHA

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Per approfondire:

https://it.wikipedia.org/wiki/Confraternit...hiesa_cattolica)



www.confraternite.it/

Sempre dal sito sopra

http://www.mariadinazareth.it/www2005/Conf...d%20origini.htm


L'origine delle Confraternite

Molto è stato già scritto sulle Confraternite; la loro origine, la storia ed il peso che esse hanno avuto nel corso dei secoli sono state oggetto di ricerche approfondite ed autorevoli studi. Un breve profilo di queste pie associazioni va comunque tracciato per definirne, almeno per grandi linee, l'importanza che ebbero nel mondo cristiano a partire dai primi secoli di questo millennio.

Le confraternite sono associazioni cristiane fondate con lo scopo di suscitare l'aggregazione tra i fedeli, di esercitare opere di carità e di pietà e di incrementare il culto. Sono costituite canonicamente in una chiesa con formale decreto dell'Autorità ecclesiastica che sola le può modificare o sopprimere ed hanno uno statuto, un titolo, un nome ed una foggia particolare di abiti. I loro componenti conservano lo stato laico e restano nella vita secolare; essi non hanno quindi l'obbligo di prestare i voti, né di fare vita in comune, né di fornire il proprio patrimonio e la propria attività per la confraternita.

La denominazione di queste associazioni fu varia nei secoli e diversa in Italia da regione a regione. I termini più frequenti furono confraternitas, fraternitas, fraterie, confratrie, agape, caritas, consortia, fratele, fraglia, sodalitium, sodalitas, gilda, gildonia, schola. I sinonimi tuttora usati sono compagnia, talvolta congregazione o congrega, oltre a confraternita ed arciconfraternita. Vi è infine il termine estaurita o staurita, in uso a Napoli e nelle sue province nei secoli scorsi. L'origine delle confraternite è molto incerta e non mancano ipotesi di collegamento con istituzioni già esistenti in epoca pre-cristiana, i collegia romani o le fraterie greche e della Magna Grecia, per quanto più da vicino ci riguarda.

Le Confraternite in Europa

Le confraternite furono antiche nella Chiesa, onde se ne trova menzione nel quindicesimo canone del concilio di Nantes celebrato nell'anno 895, e se ne fa parola nella vita di San Marziale scritta da uno dei suoi discepoli. Recenti studi comproverebbero l'esistenza di confraternite in Europa forse già nel quarto secolo, sicuramente in Francia nell'ottavo ed in Italia nel secolo successivo.

Notizie certe confermano, comunque, la presenza di associazioni laiche agli albori di questo millennio, sia nelle città che nei villaggi italiani, operanti in missioni umanitarie negli ospedali e tra i poveri colpiti da malattie. Una confraternita di questo tipo è documentata a Viterbo agli inizi del secolo undicesimo ed a Orvieto alla fine dello stesso secolo.

I compiti delle Confraternite

I motivi per i quali sorsero e si affermarono le confraternite furono molteplici ed in buona sostanza simili a quelli che determinarono la fondazione dei monti di pietà. L'assoluta mancanza nel corso del Medio Evo di qualsiasi forma di assistenza pubblica e delle più elementari garanzie specialmente per la parte più disagiata delle collettività, in gran parte perdurata fino a tempi abbastanza recenti, ed al tempo stesso il bisogno di ben operare per amore e timore di Dio, furono le principali motivazioni che indussero i cristiani ad associarsi per aiutarsi reciprocamente.

Tra le diverse aggregazioni di laici sorte in quell'incerto periodo storico, a parte quelle eminentemente religiose ispirate al movimento dei mendicanti del Terzo Ordine francescano, vi furono le corporazioni delle arti e mestieri, di ispirazione più segnatamente laica, le fratellanze e le confraternite, anch'esse orientate inizialmente come organizzazioni di categoria, le quali si occuparono in particolare del benessere materiale degli appartenenti e contemporaneamente della loro salvezza spirituale. Fu così possibile attuare l'assistenza mutua tra i congregati nella spiritualità e nelle necessità materiali, assistersi nei casi di difficoltà economiche, nelle infermità, nella difesa dai soprusi della legge, dalle prevaricazioni e dalle persecuzioni.

Le confraternite si assunsero inoltre numerosi altri compiti sociali quali l'assistenza ai poveri, agli orfani, agli ammalati, agli incurabili, ai carcerati, ai condannati a morte, alle giovani a rischio, si prodigarono per il recupero delle persone deviate e delle prostitute pentite, si impegnarono nel riscatto dei cristiani caduti schiavi dei saraceni. Di grande valore umanitario fu poi l'assistenza agli ammalati contagiosi e la pietosa opera di sepoltura dei morti abbandonati, degli assassinati, dei poveri, delle vittime nelle epidemie, degli stranieri, degli sconosciuti, vero grande problema di quegli oscuri e tumultuosi tempi al quale le confraternite diedero sempre adeguate risposte. Per l'adempimento di quelle pietose opere di notevole contenuto cristiano, morale e civile, ma ancora per testimoniare fede, umiltà, carità e penitenza, fu necessario indossare un saio e non mostrarsi pubblicamente, nascondere la propria identità, negare il proprio volto coprendolo con un cappuccio, annullando in tal modo completamente la propria personalità, da cui la tradizione tuttora in uso in molte congregazioni.

Il movimento dei "Penitenti Bianchi"

La connotazione principale delle confraternite sin dalle origini fu dunque di natura prevalentemente spirituale, da cui i movimenti mistici dei battenti e dei disciplinati i quali aggiungevano alla preghiera ed alla beneficenza la mortificazione fisica flagellandosi sia nelle riunioni che durante le pubbliche manifestazioni. Questa particolare pratica penitenziale, che oggi può apparire tanto assurda quanto inutile, si diffuse prevalentemente nella prima parte del tredicesimo secolo entrando nelle consuetudini di numerose confraternite i cui membri erano soliti infliggersi pene corporali ad espiazione dei peccati commessi, in ricordo delle mortificazioni patite dal Cristo sofferente legato alla colonna. Indirizzi particolari verso quella penitenza vennero principalmente dai frati Cappuccini per le confraternite di loro ispirazione, come atto di espiazione rientrante nella pratica abituale di quell'Ordine, ed in tono minore dai Gesuiti che però tendevano a far praticare la flagellazione con molta moderazione. Le consorelle in genere ne erano dispensate o si flagellavano solamente in privato. La consuetudine di infliggersi pene corporali ad espiazione dei peccati fu però variabile da regione a regione e nelle diverse epoche. Nel secolo sedicesimo, ad esempio, vi furono molte confraternite di disciplinati nel Nord del nostro Paese mentre nel Sud le fratellanze mostrarono minor tendenza e disposizione verso quella consuetudine pur perdurandovi maggiormente nel tempo la presenza di congregazioni di battenti e disciplinati.

Nel corso di celebrazioni pubbliche delle confraternite, a partire dall'undicesimo secolo, penitenti di ogni ceto ed età sfilavano in processione per le vie dietro il proprio gonfalone, vestiti di sacco, con una fune per cintura, flagellandosi a sangue con le discipline in memoria della Passione di Cristo. Le processioni si svolgevano anche di notte al lume di torce e di ceri accesi. Nel Giovedì Santo dell'anno 1581 vi fu a Roma una grande processione notturna con ben dodicimila torce accese. Particolare solennità era dunque data alle celebrazioni della Settimana Santa, con la partecipazione alla Lavanda dei piedi ed alle processioni del Giovedì e del Venerdì Santo.

Di particolare interesse fu il movimento cosiddetto dei "Bianchi" affermatosi in Italia a partire dagli inizi del 1400, i cui adepti erano soliti indossare un saio di lino candido con una croce color rosso sul petto ed il cappuccio sul volto. Dal movimento dei "Bianchi" derivarono gran parte delle confraternite tuttora attive.

La diffusione delle Confraternite alla fine del Medioevo

Le confraternite ebbero grande sviluppo tra il quattordicesimo ed il diciottesimo secolo, diffondendosi in modo capillare in tutta l'Europa, come testimoniano le loro sedi ancora oggi; molte di esse divennero importanti e potenti economicamente e, pur non impegnandosi direttamente nelle vicende politiche, influirono ed incisero non poco nelle questioni civili per molti secoli, contribuendo allo sviluppo sociale, artistico ed economico delle comunità in cui si trovarono inserite. Con crescente impegno si prodigarono nell'opera di proselitismo cercando di riservarsi un proprio spazio tra le gerarchie ecclesiali, il clero, gli ordini monastici ed il popolo, fungendo sovente da cinghia di trasmissione tra queste realtà e candidandosi come alternativa e sostegno delle attività di pertinenza delle parrocchie. Per questo e per altri motivi nel corso dei secoli il clero cercò di confinare in posizioni marginali le loro attività di culto e di relegarne l'impegno prevalentemente in funzioni esterne, quali le processioni e le rappresentazioni sacre, per poi enfatizzarne in chiave riduttiva, talvolta, i soli aspetti di religiosità esteriore, ponendo di fatto un pesante retaggio storico i cui effetti gravano ancora su molte fratellanze, particolarmente su quelle non dotate di un proprio oratorio.

Ciononostante molte di esse, finanziariamente forti per lasciti, donazioni e contribuzioni dei confratelli, poterono fondare ospedali, ospizi per poveri e pellegrini, orfanotrofi e conservatori per ragazze a rischio, erigere chiese, oratori e monumenti, organizzare e gestire scuole per diffondere l'istruzione e l'educazione religiosa, gestire luoghi di sepoltura. Contribuirono allo sviluppo delle arti, dotando le loro sedi di sculture, di dipinti, di decorazioni, di ori ed argenti lavorati, di paramenti pregiati, di biblioteche; diedero importanza alla musica ed al canto liturgico che praticarono assiduamente durante le funzioni religiose e nelle sacre rappresentazioni, principalmente in quelle ispirate alla Passione e Morte di Cristo.

Confraternite tra Arte e Cultura

Gran parte di questo patrimonio artistico e culturale è giunto sino a noi ed è tuttora custodito, per fortuna, nelle loro chiese ed oratori e nelle secolari tradizioni; nei loro archivi si conservano documenti di notevole importanza attraverso i quali è possibile conoscere le vicende delle confraternite e non solo di esse, per i continui riferimenti agli avvenimenti piccoli e grandi dei tempi che le interessarono.

La particolare attenzione al mondo dell'arte, particolarmente nei secoli scorsi, si compendia in due monumentali capolavori: le Sette Opere di Misericordia dipinte dal Caravaggio per la Chiesa del Pio Monte della Misericordia di Napoli e lo Stabat Mater di Pergolesi composto su commissione dell'Arciconfraternita dei Cavalieri della Vergine dei Sette Dolori di Napoli. Le Sette Opere di Misericordia, ispirate al Vangelo di San Matteo raffigurano appunto le sei opere di carità evangeliche in cui si impegnarono le confraternite nel prendersi cura degli affamati, degli assetati, dei pellegrini, degli ignudi, degli ammalati e dei carcerati alle quali nel Medio Evo si aggiunse la settima opera, sepoltura dei morti.

Confraternite e Chiesa Cattolica

L'importanza delle confraternite nella Chiesa Cattolica è stata di notevole incisività in particolar modo nei tempi più difficili della sua storia, nel Medioevo e più segnatamente durante il periodo della Riforma protestante ed il loro contributo fu determinante nel battaglia per contrastare il protestantesimo in Italia, nella lotta alle eresie ed in tutte le altre vicende interne ed esterne alla Chiesa Cattolica.

A seguito della Rivoluzione francese, gran parte delle congregazioni vennero soppresse o costrette dall'evolvere degli eventi a ridurre notevolmente la loro attività, alti sopravvissero rianimandosi o rifondandosi dopo la Restaurazione. Sul finire del secolo scorso, per effetto dell'orientamento laicista degli stati europei ed in particolare de liberalismo capitalistico dell'Italia post-unitaria, la loro presenza nel tessuto sociale, e di riflesso anche in quello religioso, subì un lento ma inesorabile affievolimento.

La laicizzazione delle Confraternite

L'instaurarsi in Europa di forme di individualismo interiore verso le quali si orientò la cultura moderna, prevalentemente ispirata a canoni derivanti dalla cultura nordica e da protestantesimo, nonché le tendenze alla laicizzazione ed alla statalizzazione delle associazioni che sin dalla loro costituzione e per secoli erano vissute, pur con notevole autonomia, all'interno e nel cuore della Chiesa cattolica, si concretizzarono in Italia con una legge dello Stato che ne previde la concentrazione in nuovi organismi, in parte riuscita, segnatamente per quelle che avevano fini preminentemente assistenziali. Quel provvedimento legislativo di fatto decretò la fine di molte pie istituzioni e l'indebolimento di altre.

Il termine "confraternita" in quel particolare momento storico, per mancanza di adeguate conoscenze da parte di molti o per deliberata e pretestuosa contrapposizione, divenne sinonimo di associazione ristretta, quando non retriva, ed espressione di arretratezza talvolta riferita, con qualche punta di malevolo preconcetto, alle particolari condizioni in cui era stato fatto precipitare il Sud dell'Italia dove molte confraternite erano sopravvissute per il diverso modo di intendere, da parte delle sue popolazioni, la fede, l'essenza della vita e le tradizioni.

Vi fu in questo secolo ancora un periodo difficile abbastanza lungo, protrattosi sin oltre il Concilio e la conseguente fase iconoclastica, durante il quale non vi fu neppure la dovuta ed indispensabile attenzione della componente a cui spettava il compito di proteggerle e di ravvivarle, che ne agevolò invece il progressivo abbandono e la fine per inedia di molte di esse. Furono fondati e si affermarono in quel periodo movimenti che parve contenessero elementi nuovi ed interessanti, apparentemente più consoni ai tempi, che si mostrarono presenti nel tessuto religioso ed incisero efficacemente in quello sociale, talvolta con evidenti risvolti e finalità politiche, ma che nel giro di qualche decennio affievolirono progressivamente la loro azione al mutare dei tempi e delle sollecitazioni che ne avevano determinato la nascita.

I doveri delle Confraternite: Fede e Carità

Le confraternite, al di là dei valori storici, delle tradizioni e dei patrimoni di cultura e di arte che furono loro affidati affinché fossero gelosamente custoditi e tramandati, hanno il dovere di svolgere compiti importanti all'interno della Chiesa e, per suo tramite e mandato, nella società in cui sono chiamate ad operare per antica vocazione, lungo le due strade maestre indicate dal Vangelo: la Fede e la Carità.

La Fede quale testimonianza di amore in Cristo e di impegno, attraverso il perfezionamento spirituale, nella missione evangelica intesa come presenza sempre più viva nella comunità ecclesiale e nella società e più consapevole appartenenza al Popolo di Dio.

La Carità quale espressione di fraternità in Cristo attraverso le opere di misericordia per i suoi poveri, i bisognosi di amore, di conforto e di assistenza, gli afflitti dalla solitudine, dallo smarrimento e dal neopauperismo materiale e spirituale.

In verità le testimonianze non mancano e molte sono le confraternite che si impegnano attivamente e confermano la loro presenza nella Chiesa e nella società con opere di beneficenza e di assistenza. Un'attenzione particolare meritano al riguardo quelle associazioni di laici che vanno sotto il titolo di "Misericordie" le quali, pur ricollegandosi nella loro origine ai motivi ispiratori dell'associazionismo laico-religioso delle Confraternite, hanno subito nel corso dei secoli sostanziali modificazioni per effetto della laicizzazione e della statalizzazione indotte dalle legislazioni degli Stati Europei, compresa l'Italia. La secolarizzazione delle loro attività, molto apprezzabili per l'impegno nel sociale particolarmente nell'assistenza agli infermi ed ai bisognosi, non ha impedito in molti casi la conservazione di quei requisiti di evangelicità e quindi di ecclesialità, caratteristica peculiare per l'appartenenza al Popolo di Dio a cui fanno appunto riferimento le Confraternite.

L'Arciconfraternita della Misericordia di Torino, ad esempio, fino al 1848, assisteva i condannati a morte del Regno Sabaudo, oggi assiste i "condannati dalla scienza medica", i malati terminali.

Confraternite nel terzo millennio

Il terzo millennio è ormai alle porte con tante speranze ma anche con molti interrogativi angosciosi per i troppi problemi pressanti, irrisolti, aggravati da modelli di vita lontani dall'etica cristiana, che privilegiano situazioni di potere oppressivo, concetti capitalistici ferrei e disumani, sfruttamento del lavoro, egoismi regionali, personali e collettivi, volontà e spinte irrazionali di auto affermazione a qualsiasi condizione, quindi arrivismi, sovente prevaricazioni, talvolta sopraffazioni e comportamenti malavitosi. L'unico e solito intento è quello di conseguire profitti sempre e comunque, successi materialistici ed effimeri, soddisfazioni edonistiche, anche a costo di venire a patti con la coscienza e la dignità di uomini, quand'ancora vi siano.

La funzione delle Confraternite resta dunque importante per il lungo cammino percorso sulla via della speranza, per il patrimonio di esperienze acquisite nelle opere di apostolato, per la secolare presenza nella Chiesa e nella società e per la funzione di raccordo svolta tra di esse, bagaglio prezioso non facilmente sostituibile, né tanto meno surrogabile.

Esse vengono da lontano e sicuramente andranno lontano.
 
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