METAL DETECTOR HOBBY

IL MITRA VARIARA

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view post Posted on 14/6/2016, 08:52     +6   +1   +1
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Feramiu' H24
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VARIARA un mitra partigiano
Articolo di Vittorio Balzi pubblicato su Diana Armi

1944, l’Italia è umiliata e divisa in due, ormai dal luglio 1943 anche il territorio nazionale serve da campo di battaglia e la guerra ha assunto una delle sue facce più brutte, inumane e terribili: è diventata guerra civile. Nella parte d’Italia occupata dai tedeschi si era costituita la RSI le cui truppe continuarono a combattere a fianco dei vecchi camerati mentre il rinato Regio Esercito risaliva lentamente la penisola combattendo contro i tedeschi assieme agli alleati. Coagulandosi intorno a gruppi di oppositori al regime fascista e grazie anche all’apporto di soldati italiani sbandati dopo l’otto settembre erano nate, già nel 1943, le prime formazioni partigiane i cui membri potevano contare su un armamento quanto mai eterogeneo: armi civili, armi catturate ai nazi-fascisti o portate alla macchia da uomini dello scomparso esercito nazionale. I partigiani cominciarono poi a ricevere rifornimenti da americani ed inglesi ma nonostante questo la “fame” di armi rimane, soprattutto, ritengo, per gli uomini che operavano nelle città dove più difficile era sfuggire a perquisizioni, controlli e posti di blocco.
Tutti i movimenti di resistenza o di guerriglia hanno sempre cercato di darsi delle strutture logistiche assicurandosi, fra l’altro, una certa capacità nella riparazione e manutenzione delle armi. Dove si sono costituite delle enclaves libere, almeno temporaneamente, dalla presenza di nemici sono sorte vere e proprie fabbriche di armi; magari rudimentali e su base artigianale, ma sempre fabbriche di armi come quelle dei Viet-Minh o quelle che fabbricavano i Thompson a Cipro, oppure laboratori afgani (ad onor del vero concentrati, nella grande maggioranza in territorio pakistano, sia pure a ridosso della frontiera), o quelli dell’UNITA in Angola. Più rari i casi in cui le armi sono state costruite all’interno delle zone in mano ai nemici e in questi casi, il più delle volte, si trattava di assemblaggi da eseguire senza attrezzature particolari. Quasi inusitato il caso in cui le armi sono state prodotte sfruttando macchine ed attrezzature sotto stretto controllo del nemico in quanto deputate alla produzione bellica.
Che gli addetti alla produzione sotto controllo dell’occupante tentino il sabotaggio, oppure cerchino di sottrarre parte del materiale fabbricato per usarlo ai propri fini è cosa che definirei “normale”, ma che questi addetti siano riusciti a produrre abusivamente dei mitra sotto l’occhio grifagno delle SS ha veramente del miracoloso. Eppure pare proprio che questo sia accaduto in Italia nel 1944: luogo degli avvenimenti le officine FIAT e oggetto il mitra Variara.
Sulla storia del mitra Variara si sa molto poco, a cominciare dal nome su cui vengono avanzate due ipotesi: che fosse quello di un partigiano caduto in combattimento oppure dell’ingegnere torinese progettista dell’arma. In tutta franchezza non ho il minimo elemento per sposare l’una o l’altra ipotesi; posso solo aggiungere una osservazione personale. Anche se l’idea del progettista che passa il proprio nome al modello che ha realizzato è perfettamente congrua in linea generale viene da pensare che questo signor Variara doveva avere proprio una gran voglia di sfidare nazisti e fascisti. In quell’epoca e in quelle condizioni firmare con il proprio nome un’arma clandestina significava automaticamente condannarsi a morte nel caso di cattura, questo per tacere delle possibili rappresaglie sulla famiglia. Sul filo di questo ragionamento si potrebbe quindi propendere per l’ipotesi del nome derivato da quello del partigiano morto: niente vieta però di pensare che Variara fosse uno pseudonimo del progettista (cosa molto in voga nella resistenza), oppure che questi fosse già morto quando è iniziata la produzione della sua arma, e la figura del partigiano morto non potrebbe coincidere con quella del progettista? Sono solo ipotesi ma una cosa è certa: all’inizio della produzione dell’arma il nome era già stato deciso. Perché dico questo? Molto semplice, ho visto solo due esemplari ed alcune vecchie fotografie ed ogni volta le guancette sono getti di alluminio piuttosto rudimentali (probabilmente in sabbia con placca modello) che portano impressa la solcatura orizzontale e la lettera V inscritta in un cerchio. Si può solo pensare che la V stia per Variara e la scelta delle guancette d’alluminio invece di due placchette grezze in legno è, soprattutto nella particolare situazione, un particolare che fa pensare ad un tecnico; vuoi vedere che il progettista era proprio il per me sconosciuto “Ingegner Variara” che ha voluto firmare la sua arma con l’orgoglio del progettista e del patriota?
Lasciamo da parte le ipotesi sul nome del mitra perché tanto potrei solo aggiungere della confusione e focalizziamo la nostra attenzione sull’arma, non prima però di aver accennato brevemente all’ipotetico luogo di produzione. Sembra che il mitra sia stato prodotto nelle officine FIAT di Torino, cosa probabilmente vera se ci riferiamo alla preparazione di parte delle singole componenti, quasi di sicuro falsa nel caso che vogliamo concludere usciva finito da uno stabilimento ufficialmente impegnato in altre produzioni. La concezione dell’arma è tale che solo una parte delle componenti (in primo luogo canna ed otturatore) richiedeva l’uso di macchine utensili mentre la realizzazione del resto e l’assemblaggio finale potevano essere demandati ad officine anche scarsamente attrezzate ed improvvisate. Tale fatto, unito all’ovvia considerazione delle difficoltà e dei rischi incontrati per fabbricare e contrabbandare parti d’arma attraverso i numerosi controlli esistenti, fanno pensare ad una soluzione “mista” che vedeva l’utilizzazione delle macchine utensili FIAT (e già si trattava di un’impresa da far venire i capelli bianchi ad un calvo) per passare poi all’assemblaggio in qualche posto a minor rischio.
Parlando del Variara è stato fatto riferimento allo Sten britannico ed al MAB italiano il primo per l’impianto della manetta di armamento, con possibilità di bloccaggio dell’otturatore in apertura, e le tecniche di assemblaggio, dominio più di idraulici e calderai che di armieri; il secondo per la catena di scatto con due grilletti e l’otturatore (che richiedeva lavorazioni alquanto complesse) morfologicamente assimilabile a quello del MAB, cosa peraltro assai influenzata dal fatto che il mitra partigiano usava gli stessi caricatori del Beretta. Quasi nessuno pare aver notato che il Variara doveva qualche cosa anche alle MP 38/40 tedesche: la suddivisione fra scatola di scatto e scatola di culatta, con accoppiamento fra le due parti concettualmente identico ed ovvi influssi generali sull’architettura complessiva dell’arma. Altri due particolari derivati dalle MP 38/40 sono il sistema di ribaltamento della gruccia, qui ad un solo braccio invece che a due, nonché la morfologia ed angolo di inclinazione dell’impugnatura a pistola.
Un’altra arma che ha influenzato la progettazione del Variara è il mitra FNA 43 dal quale viene probabilmente ripresa l’idea del bocchettone di alimentazione ribaltabile in avanti. Questa soluzione, resa famosa dal MAT 49 francese, porta a ridurre la rigidità di accoppiamento fra arma e caricatore, cosa perniciosa per il corretto funzionamento dell’arma, ed obbliga a complicazioni costruttive che sarebbero sempre da evitare, tanto più su un mitra costruito con i metodi e nella particolare situazione del Variara; perché adottarla allora? Probabilmente, al pari del ricordato MAT 49, quale sistema per prevenire spari accidentali durante il trasporto dell’arma con caricatore inserito. Infatti la possibilità di bloccare fisicamente l’otturatore in apertura facendo entrare la manetta nell’apposita sede della culatta (soluzione comune allo Sten ed alle MP) e la presenza di una sicura a depressione (che bloccava i grilletti) sulla parte posteriore dell’impugnatura rendevano abbastanza sicuro tenere il mitra ad otturatore aperto ma, come d’altronde molti mitra di quell’epoca, niente vietava arretramenti parziali dell’otturatore se questo era in chiusura e l’arma cadeva impattando al suolo con la parte posteriore. In questo caso, se il caricatore era inserito e l’otturatore arretrava oltre al fondello delle cartucce, tornando avanti ne camerava una facendo automaticamente esplodere il colpo; il Variara era infatti un mitra a massa battente con percussore fisso. Se invece il bocchettone era ribaltato in avanti, l’arma, pur contenendo un caricatore pieno, era di fatto scarica.
Il bocchettone ribaltabile preveniva sicuramente alcuni tipi di incidenti ma lo stesso risultato si sarebbe potuto ottenere con accorgimenti meno complessi per il costruttore e forse più comodi per l’utente. Una scelta sbagliata del progettista? Non lo so, discutendo della cosa con Armando Piscetta, proprietario del Variara qui fotografato, questi ha avanzato un’ipotesi sicuramente interessante: col bocchettone ribaltabile veniva drasticamente ridotto l’ingombro verticale ed era possibile dissimulare il mitra dotato di un caricatore da 40 colpi, magari anche con l’otturatore in apertura, sotto un capo di abbigliamento lungo (impermeabile, cappotto…) potendo aprire quasi immediatamente il fuoco previa la semplice operazione di ribaltamento del bocchettone. Certo che se il Variara era stato voluto proprio per “operazioni speciali”, viene da chiedersi il perché di quella lunga canna da 30 cm. su una lunghezza totale complessiva di 56 cm. con stampella ripiegata. D’altro canto la canna è accoppiata alla culatta tubolare come sullo Sten mediante una ghiera filettata, niente vieta di ipotizzare che fosse stata almeno considerata la possibilità di montare una canna più corta quando ciò fosse necessario per meglio occultare l’arma.
Abbastanza convenzionale come impostazione generale il Variara è un mitra progettato tenendo a mente MAB, Sten e MP 38/40 oltre alla necessità di produrlo in condizioni particolari e con mezzi di fortuna.
Per certi versi avrebbe potuto essere ancora più semplice dal punto di vista costruttivo senza inficiarne l’operatività, questo a meno che non vogliamo pensare al Variara come ad un mitra voluto proprio per situazioni ben definite nelle quali potevano tornare utili il tiro semiautomatico, il bocchettone ribaltabile ed una sostituzione della canna rapida e facile. Un mitra quindi da guerriglia urbana? Non è dato saperlo, almeno coi dati oggi disponibili, ma resta comunque un’ipotesi affascinante che altrimenti mal si spiega la decisione di produrre un mitra e poi proprio quel mitra. Così come per tutto il resto, anche sulla quantità di Variara prodotti si procede a tentoni, le cifre oscillano da 150 a 800 esemplari e una valutazione complessiva porta a propendere per grandezze vicine al limite inferiore di questo intervallo. Resta poi da capire perché si sia voluto produrre il Variara; anche tralasciando qualsiasi altro fattore è difficile pensare che quei pochi mitra fossero indispensabili e comunque, per quanto in certe occasioni sparagnini, difficilmente gli alleati sarebbero stati a sottilizzare su una fornitura aggiuntiva di qualche centinaio di armi.
Quali che fossero state le motivazioni di progettista e costruttori, il Variara resta una testimonianza dell’ingegno e del coraggio di quegli uomini; dimostra altresì, se non bastasse quanto ci riporta ogni tanto la cronaca, come sia illusoria l’idea stessa di confiscare tutte le armi per lasciarne solo in mano alle Forze di Polizia.

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*Un particolare ringraziamento agli Amici del Forum Miles, dal quale ho preso in prestito queste belle e rare immagini.

Edited by sofocle62 - 14/6/2016, 09:55
 
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elv66
view post Posted on 14/6/2016, 08:55     +1   +1




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Grazie anche da parte mia
 
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view post Posted on 14/6/2016, 14:03     +1   +1
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Molto interessante!! Grazie!
 
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view post Posted on 14/6/2016, 14:14     +1   +1
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Feramiu' H24
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Grazie a voi!!! :D Mi si fa (giustamente) notare che sono armi e andrebbero nella sezione ad esse dedicata, ma si parla di oggetti talmente rari e strettamente correlati all'argomento di questa stanza che non mi andava di postarle altrove e perderne così la visibilità. Perdonatemi pertanto la licenza poetica...
 
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view post Posted on 14/6/2016, 16:07     +1   +1
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tenent

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Interessantissimo, lo avevo già letto su mills e mi ricordo che contavano anche i numeri accertati di questo mitra
 
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