CITAZIONE (cesira.66 @ 16/3/2017, 00:00)
ne combinò di cotte e di crude 'sto qua!
Trovo in rete, e pubblico...
Il lato goliardico di baron litron
Pubblicato il giugno 18, 2009 di manliocollinoScusate l’inusuale lunghezza del post, ma oggi voglio parlare a ruota libera di Karl Sigmund Friedrich Wilhelm von Leutrum (1692-1755), il condottiero più noto come Baron Litron. La spada dei Savoia. Lo strenuo e vittorioso difensore di Cuneo dall’assedio gallispanico del 1744, dove i nemici “venerunt galli, sed redierunt capones” o (come cantava il popolino) il Principe di Conty “A l’è rivà da gal, ma l’è partì capon, përché ch’a l’ha castralo, Monssu Baron Litron”. Ci avevo fatto una corposa ricerca, sulla ballata di Baron Litron, per l’esame di filologia romanza. Era il 1965. Presi 30 e lode. Sua Santità Pautasso ne ha pubblicato il testo su Facebook, ma ha preso un granchio presentandola così: «Costa sì a l’è la version en piemonteis ed la Val Luserna, che em pias moto bin ed pì che cola en turineis ed Còstantino Nigra, ch’a pissa tròp fòra dal sigilìn…» , ma poi mettendo su FB proprio la versione A di Nigra. Quella più credibile (cuneese e non lusernese, giacché i barbetti ne cantano una loro terza versione, in francese, che vi risparmio, ma che non contiene la storia del battesimo rifiutato) è invece la versione raccolta a suo tempo da Don Audisio (arciprete della frazione Spinetta di Cuneo) e visibile in rete. Però questa non vuol essere una dissertazione filologica.
Mi basterà parlarvi in modo non convenzionale di Von Leutrum. Perché il popolo lo chiamava Litron? Per assonanza, certo. Ma anche perché beveva come una spugna. Goliardo ante litteram, il barone onorò per bene Bacco, Tabacco (fumò fino alla fine la sua gran pipa di Sassonia) e Venere (già sessantenne ebbe in Cuneo “almeno” due figli illegittimi, che riconobbe). Tanto che la versione di Don Audisio dice:
Ringrassio tant Vòstra Coron-a,
diso ‘na còsa, che Dio ‘n perdon-a:
fede ‘d barbet, costum d’alman,
peusso nen meuri da bon cristian!
Ma vorìa fete d’onor ben gròss,
‘n monoment a Sant’Ambreus,
“Costa sità, che mi l’hai salvà,
e tante volte scandalisà”
Veuj pa ch’a ‘m buta ‘na lustra eterna
l’è mej sotreme ‘nt la Val Luserna…
In quel “tante volte scandalisà…” c’è la prova del Leutrum sanguigno, militare di ferro, ma “bon vivant”. Infatti, oltre a morire di cirrosi epatica, soffrì anche di gotta. Era basso, tarchiato, simile nel fisico all’attuale Russel Crowe. Fu fatto governatore a vita di Cuneo, ma solo dopo l’insperata vittoria, e dico insperata perché in una gara al “vai avanti tu che a me scappa da ridere”, la preponderanza delle forze franco-spagnole (rapporto dieci a uno) aveva fatto rifiutare quel comando a ben tre nobili, prima di lui. Persino “re Carlin” si era barricato a Saluzzo con 20mila uomini, e si era deciso a marciare in soccorso del barone solo dopo 40 giorni d’assedio, quando aveva visto che, contro ogni previsione, Cuneo teneva (e l’autunno, stagione allora letale per gli assedianti, era ormai arrivato).
Carlo Emanuele III, il bigotto! Altro che trombette e canon! Volle tentare di battezzare Leutrum in punto di morte solo perché lo imbarazzava avere un “prim general” protestante. Quel re fu così ligio al Papa da catturare in Savoia e incarcerare a Torino fino alla morte, per compiacere la Chiesa che lo perseguitava, l’eminente giurista Pietro Giannone. Fu così baciapile che gli universitari torinesi, per poter dare gli esami, dovevano provare di essersi confessati e comunicati! Fu così pretesco che (nonostante il “mi te fareu ‘na cassia d’or, mi te fareu d’un grand onor” della canzone) fece in modo che la lapide in memoria del barone, da sistemare alla chiesa valdese del Ciabàs dove lui aveva voluto essere sepolto, non giungesse a destinazione. La pietra fu spaccata da zelanti realisti durante il trasporto, e la tomba restò anonima per quasi 170 anni. Per fortuna se ne conosceva il testo, e si poté rifarla: quella che c’è oggi a Luserna è stata scolpita nel 1920!
Leutrum era davvero un ganzo. Per quello il popolino l’adorava. A Cuneo vinse anche persuadendo i suoi amici valdesi a scatenare la guerriglia in alta valle, alle spalle dei francesi, disturbandone i rifornimenti. E con quell’efficace esempio convinse il Gran Cancelliere Marchese D’Ormea, chiuso in Mondovì, a far distribuire 10mila moschetti ai contadini, per far la stessa guerriglia a sud, alle spalle degli spagnoli. Vinse perché era testardo, ma anche pragmatico: sapendo di avere dei potenziali disertori nei battaglioni sabaudi francofoni, per liberarsene mandò quei reparti fuori Cuneo in pattuglia, prima che i nemici arrivassero, per dar loro l’occasione di scappare. Disertarono in 240. “Meglio averli davanti che alle spalle” commentò il barone. Ma poi, chiuse le operazioni di fortificazione e giunto il nemico sotto le mura, fece innalzare una forca ad ogni crocevia di Cuneo, dove veniva impiccato chiunque fosse sorpreso a tentare la diserzione, a rubare nelle case bombardate, a barare sulle razioni o a comunicare con gli assedianti. Questo era Leutrum. Poi, se uno dice che i neri hanno il ritmo nel sangue e i tedeschi ci hanno la guerra, passa per cultore dei luoghi comuni.
Chiesa del Ciabàs
la lapide di Von Leutrum, rifatta ex-novo nel 1920 con la scritta originale