I MECCANISMI A PIETRA FOCAIA NELLE ARMI PORTATILI
l’invenzione delle armi portatili può essere fatta risalire al Medioevo, le prime raffigurazioni pittoriche conosciute di simili arnesi, ancorchè molto rozzi, sono degli inizi del 1400.
Il problema dell’accensione della carica di lancio venne affrontato inizialmente con l’utilizzo di una miccia, che richiedeva una seconda persona oltre al tiratore: quest’ultimo manteneva la mira mentre l’altro incendiava la carica. Poco pratico davvero. Si occuparono del problema i fabbri, la loro abilità nella costruzione delle serrature permise l’invenzione di semplici meccanismi atti a trattenere uno spezzone di miccia accesa e ad avvicinarlo alla carica d’innesco premendo una leva.
Il tiratore diveniva così indipendente, le armi iniziavano ad assumere forme e dimensioni più ergonomiche, si potevano costituire reparti di tiratori in grado di effettuare tiri di una certa efficacia. Di contro, la miccia da portare sempre accesa creava molti problemi: si consumava, si poteva spegnere nel momento meno opportuno e per riaccenderla non esistevano ancora fiammiferi ed accendini… Si usavano selce ed acciarino. E qui nasce l’idea… perché non usare direttamente selce ed acciarino? Intorno alla metà del 1500 vi fu quindi un fiorire di invenzioni e trovate, più o meno fantasiose ed efficaci. Alcune ebbero un certo successo, ad esempio i meccanismi a ruota, che utilizzavano appunto una ruota zigrinata, mossa da una potente molla che andava caricata ogni volta come una vecchia sveglia, ed un pezzo di pirite che appoggiandosi sulla ruota in movimento generava scintille. In pratica un gigantesco accendino Bic.
Funzionante e funzionale, ma molto complicato da produrre e costosissimo per l’epoca, se lo potevano permettere in pochi e quindi le armi prodotte furono poche e riservate a personaggi di alto rango. Insomma non ci si poteva armare un esercito… e allora? Ci vollero ancora quasi 100 anni, perché qualcuno applicasse un principio molto più semplice: una pietra sbattuta contro un pezzo di ferro temprato fa scintille, selce e acciarino… Qualcuno in Europa, chi dice in Olanda, chi in Inghilterra, chi in Italia sempre utilizzando l’arte della fabbricazione delle serrature, montò sulla piastra di un’arma a ruota un morsetto mobile caricato da una molla a lamina, una pietra stretta tra le ganasce del morsetto ed una placca d’acciaio.
Questo arnese si chiamava FOCILE, facile immaginare a cosa diede origine. Difficile invece immaginare a quali carneficine avrebbe dato inizio, in tutte le guerre del XVIII secolo e fino al suo tramonto, avvenuto dopo il macello operato dalle armate napoleoniche in mezzo mondo.
I primi meccanismi a pietra focaia (detti acciarini o piastre) avevano già la struttura generale che mantennero per secoli, ma erano relativamente fragili e poco duraturi.
La metallurgia era agli albori ed i trattamenti termici condotti letteralmente “a occhio” dai mastri forgiatori conducevano a risultati incostanti. Malgrado ciò, la produzione di fucili fu intrapresa su vastissima scala e presto interi eserciti furono equipaggiati con armi tutto sommato abbastanza precise ed affidabili. Due Paesi primeggiavano nella progettazione e nella produzione di armi portatili militari, Francia ed Inghilterra. Il Modello 1717 francese ed il Brown Bess inglese furono i capostipiti di una infinita famiglia di armi militari, ognuna delle quali migliorava il progetto originale.
Un grosso problema era quello dei ricambi, ogni arma era costruita, assemblata e rifinita a mano, e difficilmente due pezzi simili risultavano intercambiabili. I guasti portavano quindi a costosi rifacimenti, o a pessime riparazioni se non all’abbandono dell’arma danneggiata. Nel 1777 in Francia furono emanati severi regolamenti che imponevano la costruzione di ogni singolo componente secondo disegni quotati e misure standardizzate, le parti di tutti i fucili divenivano permutabili. Non era cosa da poco, a causa del bisogno di ammazzare i propri consimili era nata l’Era Industriale!